Al cuore del cinema

01/08/08 - Sulla scia del successo ottenuto lo scorso anno, anche in questa 65esima edizione della Mostra del cinema...

Speciale Venezia 65

(Dalla nostra inviata Caterina Gangemi)

01/08/08 – Sulla scia del successo ottenuto lo scorso anno, anche in questa 65esima edizione della Mostra del cinema di Venezia, “Ring”-Il forum dei registi indipendenti, in collaborazione con il movimento “100Autori” ha deciso di rinnovare il suo impegno a tutela del cinema d`autore nel perseguimento della costituzione di una comunità  internazionale degli autori dell`audiovisivo, inaugurando oggi il primo dei due incontri all`interno della rassegna. “Al cuore del cinema”, questo il nome dell`iniziativa, realizzata con la collaborazione delle Giornate degli autori e della Settimana della critica, si pone come “un incontro tra registi italiani e stranieri delle ultime generazioni presenti al Festival, invitati a presentare al pubblico e agli altri colleghi, oltre che a sè stessi, “la scena madre” più significativa per il loro percorso di cineasti. Dal canadese Jeremy Podewska, regista del toccante “Fugitive pieces” e di molte serie tv di successo, da “Dexter” a “The Tudors”, che riconosce nel finale di “Nashville” di Altman un commento scioccante e al tempo stesso appropriato sulla cultura Americana e le sue contraddizioni; al nostro Gianni Zanasi (“Non pensarci”), colpito dalla semplicità , geniale e un po` magica, racchiusa nella scena del ristorante di “Ubriaco d`amore” di P.T. Anderson; fino alla posizione “controcorrente” di Haile Gerima, regista etiope in concorso con “Teza”, che, ha invece dichiarato di non avere scene madri predilette, dandone una motivazione al numeroso pubblico della Sala Zorzi. Pur muovendo da una visione apocalittica sul futuro del cinema, a suo avviso destinato a un rapido suicidio causato dalla concezione capitalista ed eurocentrica dominante, Gerima, riconosce in questo stato di cose la possibilità  di una rinascita legata al fatto che, pur mettendo a tacere i cantastorie, i narratori, le storie resteranno sempre, non si estingueranno mai. E racconta le sue prime due esperienze con il cinema: una, avvenuta durante l`infanzia, in Etiopia, quando vide un documentario su un incontro tra Hailè Selassiè, e l`allora presidente degli Stati Uniti Eisenhower: una visione sconvolgente per un bambino abituato a identificare il leader come una sorta di “gigante”, costrettosi improvvisamente a riconoscere la supremazia dell`americano, a prendere coscienza dell`esistenza di un secondo imperatore, oltre all`unico da lui finora conosciuto.

Un`esperienza, dunque, quasi destabilizzante, testimone del forte potere del cinema di sminuire o accrescere, umiliare o glorificare all`occorrenza, creando così dei piccoli “colpi di stato”. Non meno sconvolgente, racconta Gerima, fu il suo secondo impatto con il cinema avvenuto in una sala costruita dagli italiani durante l`occupazione fascista, dove si recava per vedere film americani, che diventarono in breve la sua passione a scapito delle storie raccontategli dalla nonna davanti al focolare, e cancellando così un retroterra culturale fatto di miti e soggetti ancestrali, per rimpiazzarli con eroi americani. Una fascinazione, quella per la cultura statunitense, che si infranse nel `68, e a seguito delle varie lotte di liberazione di quegli anni, che risvegliarono in lui una nuova coscienza critica, un interesse per le cinematografie del “terzo mondo”, e una concezione di cinema più militante. Ford e Hawks, vennero rimpiazzati da Solanas e Salinas. Inevitabile corollario è pertanto il rifiuto del regista di riferirsi a scene madri di altri film, dal momento che, osserva, dovrebbero esserci piuttosto “lotte madri”, rivoluzioni contro una struttura “fascista”, per una riscoperta della capacità di raccontare storie.