Argento coreano

18/03/10 - L'incontro tra Dario Argento e Park Ki-hyung ha caratterizzato tutta la giornata di...

KoreaFilmFest 2010: Dario Argento presenta Park Ki-hyung e il suo Whispering Corridors, blockbuster del 1998, tra horror e dramma psicologico

(Dal nostro inviato Massimiliano Schiavoni)

18/03/10 – L’incontro tra Dario Argento e Park Ki-hyung ha caratterizzato tutta la giornata di ieri al KoreaFilmFest 2010 di Firenze, prima tramite una tavola rotonda su horror e i suoi diversi codici e linguaggi, a cui i due autori hanno partecipato nel pomeriggio, poi con la proiezione serale di “Whispering Corridors”, opera prima di Park che nel 1998 registrò un grandissimo successo di pubblico in patria, e che sempre in patria scatenò vivaci polemiche sui suoi risvolti sociali ed educativi. La proiezione è stata introdotta da Dario Argento, e a seguire il regista si è concesso alle domande del pubblico.

wispering_corridorsA differenza di “Epitaph” degli Jung Brothers, passato al festival sempre nella sezione K-Horror, che s’innerva su una poetica e un immaginario strettamente nazionali, “Whispering Corridors” appare in primo luogo piegato a una maggiore mediazione dei mezzi espressivi, a un compromesso più marcato tra tendenze horror autoctone e tendenze occidentali. Non tanto nel nucleo narrativo, quanto nelle strategie diegetiche e nella costruzione drammaturgica, e anche nella stretta tecnica filmica. La fabula ripercorre i principali topoi del neo-horror coreano: una storia di fantasmi, di anime passate a miglior vita con estremo dolore e sofferenza, e per questo rimaste imprigionate in un limbo tra realtà e aldilà in cerca di riscatto, e poi, onnipresenti, senso di colpa e tragici vincoli col proprio passato, che danno forma ad altri fantasmi psichici. Di più (e di diverso rispetto agli Jung Brothers), Park colloca tale dimensione allucinata e dolorosa in un contesto di realismo psicologico, in un college popolato da ragazzine portatrici di varie forme di disagio, da quello tipico adolescenziale a quello psichico vero e proprio. L’horror, le protagoniste adolescenti, l’ambientazione scolastica: tutto può far pensare a una declinazione coreana dei canoni più convenzionali dell’horror statunitense. In realtà, l’ambientazione, la violenza dei rapporti umani messi in gioco, la crudeltà del corpo-insegnanti, non appaiono mai puro meccanismo narrativo, pura forma priva di consapevolezza, bensì rispondono a precise scelte di scrittura e di regia, mirate a una personale lettura degli orrori psichici generati da una pedagogia autoritaria e competitiva. In ciò risiede la particolarità del film di Park, e di buona parte del cinema horror coreano: il rifiuto di un cinema esclusivamente di genere, e la tendenza a utilizzare l’horror per parlare dell’essere umano e dare adito a non banali riflessioni su psiche, comportamento e distruttività del senso di colpa. Lo stesso autore, durante il dibattito a seguire, ha confermato la sua intenzione di lettura personale, priva di smisurate ambizioni ma ricercata con coscienza e serietà, di una condizione psico-sociale.

Ciò che, invece, avvicina “Whispering Corridors” ai canoni horror occidentali è da ricercarsi in una definizione più esteriore dei personaggi, in strategie narrative strette intorno a legami causa-effetto più evidenti, in una minore sospensione d’atmosfera (le due dimensioni, realtà e surrealtà/aldilà, anche qui puntualmente evocate, sono però tenute ben distinte e separate, quantomeno fino al finale ricongiungimento psichico). Come sempre nell’horror coreano, c’è poco sangue e lo spavento non è mai corrivo, tuttavia Park non disdegna qualche facile suspense, qualche sequenza concitata di inseguimento, e, cosa strana per un film coreano, la confezione, a partire dalla fotografia, lascia un po’ a desiderare, rasentando talvolta la qualità visiva di un b-movie. Ma la qualità di scrittura cinematografica, intesa più come costruzione strettamente drammaturgica che come “costruzione per immagini”, è innegabile, così come la forza dell’assunto. Non è dato sapere se, nella polemica sul presunto attacco ai metodi d’istruzione nazionale, abbia ragione Park o abbiano ragione i suoi detrattori. Tuttavia, il discorso di Whispering Corridors è valido proprio perché universale, perché riesce a parlare della solitudine, delle spietate dinamiche di gruppo adolescenziali e del disagio psichico di quell’età che, in vari modi e misure, fanno parte dell’essere umano di per sé, su un piano universale, per l’appunto, al di fuori di precise contingenze storiche, sociali o nazionali.