Bad weather

04/12/11 - Seguendo i cambiamenti climatici in una regione che sparirà dalle cartine, Giovanni Giommi scopre Banishanta, un'isola della prostituzione.

Dalla nostra inviata GIOVANNA BARRECA

Videocamera fissa e primo piano su una zolla di terra portata via dall’acqua del mare. Una ripresa aerea di un ismo (200 metri per 10) fatto solo di capanne in mezzo al mare. Giovanni Giommi in Bad weather, a Italiana.doc al TFF, usa due immagini semplici per raccontare Banashanta, un piccolo villaggio in Bangladesh che i cambiamenti climatici si porteranno via nel giro di pochi anni visto che le acque si stanno alzando e la regione ha un’altezza di soli 15 metri dal livello del mare. Eppure le persone che ci abitano non credono che questo accadrà. L’isola non è abitata da pescatori ma da lavoratrici del sesso. Ogni giorno sui moli le piccole barche attraccano portando turisti e, davanti agli occhi innocenti di tanti loro bimbi, si consuma un rito violento: gli uomini vengono abbordati e portati nelle varie case. La telecamera si ferma sulle soglie. Tra il racconto quotidiano delle esistenze di queste donne, tre temi forti come l’amore, la rivendicazione di diritti per le donne e l’infanzia negata. Seguiamo il barcaiolo, innamorato della moglie (e lei di lui) che ogni giorno porta alla donna nuovi clienti, la leader ‘politica’ (analfabeta) del villaggio che viaggia tra l’isola e la capitale Dacca perché i diritti di lavoratrici del sesso vengano riconosciuti. E poi il regista segue una piccola che a scuola viene discriminata da alcuni compagni che sanno cosa avviene sull’isola e che quando è a casa, come tanti altri bimbi, è costretta a sentire e vedere e purtroppo iniziare a comprendere il perché di tutte le parolacce della madre e degli uomini che arrivano ogni giorno e il perché aiuta la madra a pettinarsi e vestirsi bene. Alla sua corsa per l’isola, accompagnata da una musica che unisce la voglia di libertà nell’animo della piccola con l’immensa malinconia che il regista ci mostra inquadrando i suoi occhi, è legata una delle più intense scene del film. Si tratta di uno dei 5 momenti dove al racconto in presa diretta della quotidianità – senza tappeto sonoro aggiunto – viene unita invece della musica che esplica i sentimenti della piccola. Gli altri sono quelli col pazzo del villaggio. L’uomo profetizza tutto il giorno, prega e Giommi alle inquadrature su di lui alterna le sue visioni: l’acqua col suo scorrere violento, nuvole impazzite che si divorano una con l’altra, animali impagliati (accanto all’isola è ubicata in una delle foreste vergini della regione).

Dall’idea di raccontare una piccola realtà, il regista milanese è riuscito a portare il suo discorso filmico sull’universale attraverso uno stile semplice, soprattutto grazie alla ‘pulizia’ della visione filmica. La telecamera scruta onestamente la realtà dichiarando sempre la sua presenza, lasciando che sia come un personaggio sempre presente, un testimone delle parole apparentemente prive di logica di Ismael come della solitudine e spesso della disperazione delle donne.