Berlino, shock Caterpillar

18/02/10 - Il maestro giapponese dello yakuza-film e del pinku eiga (il soft-core del Sol Levante...

L΄annientamento della carne firmato Koji Wakamatsu

(Dalla nostra inviata Daria Pomponio)

caterpillar18/02/10 – Il maestro giapponese dello yakuza-film e del pinku eiga (il soft-core del Sol Levante) Koji Wakamatsu, alla tenera età di settantaquattro anni sforna una pellicola di rara e lucida crudeltà. Apologo contro la guerra e contro ogni tipo di sopraffazione, “Caterpillar”, presentato in Concorso alla Berlinale 60, si apre con la scena acre e bruciante (le fiamme in sovrimpressione ardono letteralmente l’immagine) di uno stupro di guerra. Siamo nel 1940 e infuria il conflitto sino-giapponese, quando Shigeko (Shinobu Terajima) si vede recapitare a casa, con tutti i dovuti onori militari, il marito Kyuzo Kurokawa deprivato di gambe, braccia, corde vocali e con metà volto sfigurato dall’esplosione di un ordigno. Alla donna non resta altro che prendersi cura di quel che resta del marito, il quale dal canto suo esprime, per grugniti, soltanto desideri primari: evacuare, mangiare e giacere con la moglie. Girato in Hd Cam e splendidamente fotografato, “Caterpillar” non manca un colpo, tutt’altro, sferra fendenti a ripetizione, dritti allo stomaco dello spettatore, per avere la certezza della ricezione del suo ponderoso messaggio. Peccato quelle didascalie conclusive con i dati riguardanti i decessi causati dal secondo conflitto mondiale, che curvano verso il didatticismo quella che fino alla fine è stata una complessa e stratificata metafora della sopraffazione. Mentre la radio trasmette soltanto messaggi di propaganda e gli abitanti del villaggio onorano l’eroe di guerra mutilato, nella casa dei coniugi Kurokawa si consumano infatti rabbiosi amplessi, attraverso i quali Shigeko ricorda le violenze domestiche subite in precedenza dal marito, mentre lui, pian piano, inizia a rammentarsi proprio di quello stupro che ha aperto il film.

Non solo la guerra e la sua propaganda sono vittima degli strali di Wakamatsu, ma anche quelle assurde celebrazioni dell’eroismo di veterani che insieme alle medaglie hanno riportato a casa un bagaglio di orribili colpe. La sopraffazione sessuale, “guerra” nella quale Shigeko pare ora prendere il sopravvento, ma che in precedenza è stata appannaggio del marito, è secondo Wakamatsu solo un altro malsano aspetto dell’ancestrale desiderio di annientare il corpo dell’altro, proprio come avviene liberamente (e magari poi con gli onori militari) in un conflitto armato. Per chi ha visto il capolavoro sconcertante di Dalton Trumbo “E Johnny prese il fucile” (“Johnny Got His Gun”, 1971), le vicende narrate in “Caterpillar” possono non sembrare proprio nuove, ma il mutamento del punto di vista (il film di Trumbo era tutto in soggettiva “mentale” del reduce mutilato) fa del film di Wakamatsu un altro importante tassello da aggiungere alla filmografia del cinema antimilitarista.

A giudicare dal silenzio in sala alla fine della proiezione berlinese, possiamo affermare che il film di certo non ha lasciato indifferenti gli spettatori e non mancherà, siamo pronti a scommetterlo, di far discutere la giuria capitanata da Werner Herzog. Dovrebbe essere una pellicola nelle sue corde, quindi attendiamo con curiosità il verdetto.