Blind Massage

Mostrando uomini e donne che si amano senza vedersi, che sopperiscono alla carenza degli occhi con i rumori, annusando il profumo della pelle della persona prediletta, Ye obbliga il pubblico a mettersi sulla loro stessa lunghezza d'onda.

C’è una comunità molto particolare che vive ed opera in armonia a Nanchino, è quella di un centro massaggi TuiNa che quotidianamente si prende cura di uomini e donne desiderosi di ritrovare la salute perduta. Le mani abili degli operatori regalano benessere, in pieno accordo con i principi dell’antichissima medicina cinese. I massaggiatori, però, sono tutti ciechi o ipovedenti; essi lavorano cioè sfruttando la grande sensibilità tattile, acuita dalla mancanza di vista. Nel gruppo, composto da una decina di persone, ognuno cerca disperatamente l’amore. Il dottor Wang, appena arrivato con la sua compagna, sembra aver trovato la quadratura del cerchio, ma problemi familiari insormontabili minano la sua felicità. Xiao Ma è l’oggetto del desiderio della bellissima Du Hong, ma si strugge d’amore per un donna che non potrà mai avere.

La sixth generation
Autore cinese tra i più apprezzati, rappresentante di quella sixth generation che tenta da anni di mostrare il lato meno conosciuto di una nazione in continua espansione, Lou Ye porta al 64.mo festival di Berlino, Blind Massage, tratto dal romanzo di Bi Feiyu. Vincitore di alcuni riconoscimenti internazionali, tra cui il premio alla miglior sceneggiatura per Spring Fever nel 2009 a Cannes, Ye riesce ad essere originale nel suo approccio a questo materiale narrativo, affascinante e mai del tutto conosciuto e che non ha nulla a che vedere con la descrizione del mondo dei portatori di handicap, non nel senso che ci si potrebbe aspettare almeno. Blind Massage è un film di grande interesse, che senza troppi orpelli, anzi con uno stile quasi documentaristico, racconta nel dettaglio la vita che si svolge all’interno di questo centro massaggio gestito da persone prive di vista, soffermandosi in particolare sui tormenti amorosi di ogni singolo personaggio. I movimenti rapidi della macchina da presa, i primi piani ravvicinatissimi, ci gettano subito nella mischia e ci avvicinano in maniera non epidermica ai protagonisti.

Pelle a pelle
Sono storie tragiche, le loro, ma lo sguardo di Lou Ye non indugia mai sull’aspetto ‘patetico’ della vicenda, riuscendo in pieno a mettere in risalto la complessità umana di Xiao Ma e dei suoi compagni. Lui, ad esempio, ha perso la vista in seguito ad un incidente stradale. C’è chi invece perde la vita giorno dopo a causa di una malattia degenerativa, e chi invece è nato senza mai vedere. Ciò che colpisce maggiormente nel film è il continuo interrogarsi dei personaggi sull’amore, che in taluni casi diventa un’ossessione vera e propria, con derive quasi patologiche; per questo gruppo, nessuno di loro è escluso, è questo sentimento totalizzante ad essere il vero aggancio con la realtà, quell’emozione in grado di placare la loro fame di vita.

Magnifica ossessione
Nella descrizione di queste dinamiche (tanti sono gli amori che sbocciano tra le mura del centro massaggi, ma anche quelli che si spengono sul nascere) c’è tutto il cuore dell’opera, che diventa quasi un melò, narrato però senza l’enfasi stilistica che solitamente si accompagna al genere. E’ forse questo aspetto che non ci permette completamente di entrare nel profondo della storia; a conquistarci invece è la prospettiva diversa che il regista ci mostra. Trasportando questo girotondo sentimentale nel mondo dei ciechi, ci permette di comprendere la vera umanità di ogni singola vicenda. Mostrare uomini e donne che si amano senza vedersi, che sopperiscono alla carenza degli occhi, con i rumori, annusando il profumo della pelle della persona prediletta, obbliga il pubblico a mettersi sulla loro stessa lunghezza d’onda, ad abbandonare le proprie certezze per lanciarsi in un mondo completamente diverso. E’ una sfida che possiamo raccogliere.

Francesca Fiorentino per Movieplayer.it Leggi