Detective Dee…

04/07/11 - Un po' Sherlock Holmes, un po' Indiana Jones, il detective di Tsui Hark ci accompagna in un'avventura mystery innestata nel più classico dei wuxiapian.

Dalla nostra inviata Caterina Gangemi

Nella Cina del 689 d.C, la regina Wu sta per essere incoronata come prima imperatrice nella storia del Paese. Mentre fervono i preparativi per il solenne evento, suggellato dal completamento di una colossale statua raffigurante il Buddha, l’armonia è rotta da una serie di misteriose morti per autocombustione. Spetterà al detective Dee – liberato per l’occasione dall’esilio – e ai suoi due compagni d’impresa risolvere l’enigma.

Nome tra i più noti nel panorama del cinema orientale “da esportazione”, Tsui Hark deve la sua fama tanto all’attività di astuto produttore (a lui si deve il rilancio della carriera di John Woo) quanto di regista prolifico ed eclettico, capace di passare dalle stelle dell’eccellente Seven Swords agli abissi del terribile Missing presentato nel 2008 al Festival di Roma, passando per l’action pura di Van Damme e Jet – Li. Uno dal quale ci si può aspettare di tutto, insomma, compreso il peggio. Ragion per cui fa ancora più piacere ritrovarlo in gran forma in questo suo ultimo lavoro, Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma, alle prese con un tipico wuxiapian, nel cui impianto epico e solenne si innesta un’adrenalinica detective story all’insegna di quella spettacolarità propria del cinema di Hong Kong. Già passato a Venezia e presentato in anteprima per gli esercenti qui a Riccione, il film propone intrighi di corte, cospirazioni, combattimenti acrobatici virtuosamente diretti e coreografati, che si fondono all’interno del plot investigativo, tra manciate di humor e mélo, in un mix di spettacolarità globalizzata, che guarda alla tradizione entro un’ottica smaccatamente hollywoodiana se non prettamente spielberghiana. Pur procedendo secondo il canonico metodo deduttivo alla Sherlock Holmes , non è difficile rintracciare nelle gesta del protagonista detective (interpretato dal divo Andy Lau) un’atmosfera e un gusto per l’avventura alla Indiana Jones , tra personaggi pittoreschi e misteriosi, luoghi suggestivi quanto irti di trappole e trabocchetti, malefici insetti dagli straordinari poteri.

Il racconto procede con agilità, grazie al ritmo vivace e ai numerosi colpi di scena e McGuffin che movimentano e arricchiscono il plot principale diramandolo in più direzioni; certo non mancano i difetti – dalla trama gialla fin troppo farraginosa che farà storcere il naso ai puristi del mystery, alle frequenti cadute fotografiche in una piattezza televisiva, fino a pacchianate come ralenti drammatici e primi piani da telenovela messicana, corroborate da effetti speciali a dir poco grossolani. Ma poco importa: l’obiettivo di intrattenere con leggerezza è rispettato in pieno, e visto il tipo di operazione, il piglio cialtronesco e divertito diventa quasi un valore aggiunto. E al resto provvede l’ottimo cast, che non risparmia niente in carisma, prestanza fisica e intensità espressiva.

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