Dictado

11/02/12 - In competizione alla Berlinale, un poco riuscito amalgama di marca spagnola tra dramma familiare e horror, con attori imbalsamati e bambine petulanti.

Dalla nostra inviata Daria Pomponio

Le bambine petulanti e soprattutto spione (chi fa la spia non è figlio di Maria) si sa che sono destinate a fare una brutta fine. Stavolta tocca alla sorellina e sorellastra di due ragazzini, che pensano di disfarsi della creatura rompiscatole buttandola in una fossa e seppellendola viva. Ma non inizia esattamente così Dictado, film dello spagnolo Antonio Chavarrías che si apre come un dramma su una coppia che non riesce ad avere figli per poi trasformarsi in un incubo gotico. E il mélange non può dirsi propriamente riuscito. Presentato in Concorso alla Berlinale 2012, Dictado trae il suo titolo da una canzoncina per l’infanzia e riporta alla luce il sopito sadismo infantile dei bambini mescolandolo a un dramma della gelosia pressoché totalizzante.

Tutto ha inizio infatti perché Daniel e Mario (questi nomi dei fratellastri) sono gelosi della piccola Clara, che nella loro nuova famiglia allargata (la madre di Clara e Mario ha sposato il padre di Daniel) è assai amata e vezzeggiata. E poi la situazione precipita quando il Mario adulto (Marc Rodrìguez) si suicida di fronte alla figlioletta, che poi viene data in affido proprio a Daniel (Juan Diego Botto) e alla sua compagna. L’arrivo della piccola riporterà alla luce l’antico trauma e Daniel inizierà a sovrapporre i volti e i destini delle due bambine. Tutto sotto gli occhi della compagna che inspiegabilmente non si accorge di nulla, presa com’è dalla sua nuova funzione materna. Impietoso ritratto di un uomo che si sente due volte tradito (prima dal padre, poi dalla compagna) per colpa dell’arrivo di una bambina, Dictado è un pastiche drama-horror che regala poche sorprese, pieno com’è di cliché del cinema di genere usati con poco acume e di inutili ridondanze narrative. Dove la storia andrà a parare lo si scopre infatti quasi subito, poco interessano poi i va e vieni dei personaggi e le loro incomprensioni reciproche. Gli attori, d’altronde, paiono imbambolati dall’inizio alla fine della pellicola (poco credibile la loro totale assenza di comunicazione) e fanno sempre le stesse cose (lei vizia la bambina, lui pensa a come liberarsene). Così tra cimiteri nel bosco, vanghe provvidenziali, terreno che appare nella vasca da bagno e da cui emerge anche la manina della non-morta di ordinanza, madri mancate e fratelli coltelli, allo spettatore non resta che chiedersi se stia guardando una soap opera o un horror da seconda serata tv. Comunque sia, non può cambiare canale.