Exit Through…Berlin

18/02/10 - Di fronte alle opere d'arte contemporanea si ha spesso la sensazione di essere in...

“Exit Through the Gift Shop” di Bansky: Pop art e derivati

(Dalla nostra inviata Daria Pomponio)

18/02/10 – Di fronte alle opere d’arte contemporanea si ha spesso la sensazione di essere in qualche modo vittime di una beffa, di un maestoso, piacevole bluff. Il genialoide street painter Bansky questo lo sa bene e in “Exit Through the Gift Shop”, suo debutto alla regia, usa l’autoironia come un grimaldello per conquistare anche il pubblico più scettico. Da sempre accorto a tastare il polso alle realtà coeve più vivaci e orgogliosamente “di nicchia”, il Festival di Berlino, guinto alla sua 60esima edizione, non poteva certo farsi scappare questo insolito e, naturalmente, geniale docu-film.

Exit-Through-the gift shopNoto soprattutto per aver tappezzato la Gran Bretagna e non solo (è arrivato anche in Palestina), con le sue stencil, nonché per aver creato la copertina di Think Thank, celebre disco dei Blur, Bansky attraverso le sue opere conduce da anni una pacifica rivolta satirica contro il sistema politico e sociale. Ma adesso è venuto per lui il momento, e forse c΄era da aspettarselo, di dire la sua sulla street art e, naturalmente, anche sul cinema. Il film si apre presentandoci un personaggio curioso, tale Guetta, un francese trapiantato negli US che ora fa il commerciante di abiti usati a New York ma, come tanti, è dotato di velleità artistiche. Guetta, ci viene detto (la voice over del film è quella dell’attore britannico Rhys Ifans), ha da sempre labitudine di filmare qualunque cosa con la sua telecamera digitale e un giorno, grazie ad un cugino artista, inizia ad interessarsi di street art. Il giovane cugino è nientemeno che il famoso Space Invaders, artista che tappezza le cittá di tutto il mondo con le sue creazioni ispirate all΄omonimo video game anni ´80. In seguito, il nostro eroe e provetto regista si ritrova ad incontrare Shepard Fairey, l΄autore del celeberrimo ritratto di Obama, ma il suo obiettivo sommo è intervistare Bansky. E naturalmente questo poi avviene, per quanto, come qualcuno saprá, Bansky, da vero guerrilla artist, non mostra mai il suo viso e dunque ci appare coperto da un cappuccio nero mentre la sua voce è camuffata.

Se per la sua prima metá “Exit Through the Gift Shop” ci appare come un documentario in presa diretta sulla street art e i suoi principali esponenti, a partire dall’apparizione di Bansky il film cambia completamente registro, per meglio definire le opinioni dell΄autore sull΄arte di strada e su quella contemporanea in generale. Nella narrazione, che a questo punto si rivela essere fasulla, il pacioccone Guetta ha girato del materiale talmente inguardabile e privo di senso (l’home movie d’altronde, non è arte) da risulare non montabile e dunque non riducibile a un film documentario di senso compiuto. A questo punto, dopo un iniziale periodo di depressione, Guetta decide di diventare lui stesso uno street artist e inizia a riprodurre serigrafie in stile Andy Wharhol nonchè manifesti vari e collage derivativi della pop-art. Nonostante non abbia alcun talento (a dircelo è lo stesso Bansky) Guetta, che nel frattempo si è fratturato un piede, verrá aiutato dai suoi nuovi amici street artist ad inaugurare la sua prima mostra personale. E, naturalmente, sará un successo.

Definito dall´autore come “The world’s first street art disaster movie”, “Exit Through the Gift Shop” si muove proprio su quella sottile linea di demarcazione che distinguie l΄arte da ciò che vorrebbe esserlo; ogni tanto nel corso della visione si puo avere l΄impressione di essere presi in giro, ma se si sta al gioco, invece, questo docu-film ha davvero molto da dirci sulla salute dell΄arte contemporanea.