Ferrario, per il cinema indi

14/01/09 - Si alza la temperatura del Festival “Per il cinema italiano”. E non tanto per la riproposizione...

(dalla nostra inviata Laura Croce)

14/01/09 – Si alza la temperatura del Festival “Per il cinema italiano”. E non tanto per la riproposizione del film Guardami – dedicato alla vita di una pornostar colpita da un cancro, sulla falsa riga delle vicende biografiche di Moana Pozzi – quanto perchè l`autore di questa “pellicola-scandalo” del `99, Davide Ferrario, ha regalato all`auditorio del Kursaal di Bari una riflessione acuta e molto approfondita sulla settima arte e sui tabù che ancora la circondano, non solo dal punto di vista tematico ma soprattutto registico. “Aver inviperito tante persone in modi tanto opposti mi fa pensare di aver toccato qualcosa che è dentro di noi e che non è riconducibile al pensiero”, spiega questo ex-critico dallo sguardo finemente smaliziato e alternativo, che non esita a definire la pornografia come uno spunto particolarmente adatto per indagare la natura del linguaggio cinematografico. “Da una parte è un documentario. I rapporti si consumano realmente, altrimenti non sarebbe porno. Dall`altra, non avrebbero mai avuto luogo senza l`esistenza del film. Sebbene storicamente il cinema abbia deciso di separare questi due aspetti, la sua essenza risiede proprio lì, nell`essere `altro` sia rispetto alla realtà che alla finzione. Uno dei primi film in assoluto mostrava un treno in arrivo alla stazione, e oggi al Museo del cinema di Torino hanno creato un`installazione che fa uscire la locomotiva fuori dallo schermo” , tanto per sottolineare questa persistente ambiguità . Se poi si vuole essere pignoli, si può notare che i cimeli esposti in quel fantastico museo mostrano anche come gli “spettacoli” più richiesti dal pubblico pre-cinematografico delle fiere e dei cinetoscopi fossero proprio quelli con immagini orrorifiche e osè. “Questo è naturale – ci risponde infatti Ferrario – le pulsioni più intime dell`essere umano sono il tema di tutti i racconti sin dai tempi del teatro greco. Quello che cambia è solo il linguaggio”, ma oggi, nel campo del cinema e dell`audiovisivo in generale, questo tipo di discorso viene costantemente eclissato a favore di questioni più scontate, come il realismo, i contenuti, la psicologia.

Ciò avviene, secondo il regista, sia grazie a “critici che non sanno quello di cui stanno parlando” perchè non conoscono il mestiere del cinema nei suoi risvolti materiali, sia a causa di un conformismo latente sulla pretesa necessità di spiegare tutto, di usare il cinema per ritagliare storie tranquillizzanti dotate di un senso di facile comprensione e, possibilmente, di lieto fine. “Una delle peggiori tare del cinema italiano e americano – spiega Ferrario – è la psicologia, l`idea che i personaggi siano un teorema da spiegare attraverso il loro percorso esistenziale, ma la vita non ha un senso”. Anche per questo il regista ormai lavora senza sceneggiatura, uno strumento che spesso finisce per blindare l`espressività , imbrigliandola nei paletti prefissati per “far quadrare i conti”. Il cinema invece è come il viaggio di Colombo, “parti con un film che, secondo la tua intuizione ha una faccia – le Indie occidentali – e se ti va bene trovi l`America. La bussola sono il tuo senso generale del cinema, della messa in scena e del lavoro con gli attori”. La settima arte, in particolare, nasce per reinventare, per giocare con il tempo e ricostruirlo secondo i mezzi a lei propri – tipo il piano sequenza e il montaggio – senza mai chiudersi in convenzioni e in regole precostituite, perchè “al cinema la frase `non si può` non esiste”. Così Ferrario ha portato al pubblico del festival alcuni esempi del suo metodo, come la sequenza di Tutti giù per terra in cui sono state montate in successione tre diverse reazioni di un personaggio alla stessa domanda, senza per questo squotere minimamente le basi dell`impalcatura finzionale. “Anche grazie all`avid e al digitale, oggi è possibile uscire dagli schemi senza fare per forza dello sperimentalismo, senza rimarcare agli occhi dei critici che si sta compiendo un`operazione estetica”.

Una Lezione di cinema, quella di Ferrario, che innalza dunque il discorso sulla settima arte, riportando alla mente la ricerca filmica e teorica tanto di autori d`avanguardia come Assayas, quanto di padri del cinema come Ejzenstejn. Anche perchè, in fondo, ogni volta che si torna a parlare seriamente di cinema i temi sono sempre quelli, vale a dire il suo rapporto con la realtà , con il “vedere” e con il senso, nonchè la confortante e/o tragica constatazione che non esiste alcuna certezza assoluta a tal riguardo. A questo punto, però, non si può che provare una grande curiosità rispetto al nuovo film del regista, in uscita ad aprile, dal titolo Tutta colpa di Giuda: una commedia con musica sul tentativo (veramente accaduto) di mettere in scena la Passione di Cristo in un carcere dove nessuno, per ovvi motivi, voleva avere a che fare col ruolo dell`infame traditore.