“La matassa” e l’onestà di un ridere disimpegnato
19/03/09 – Nell`ambito delle iniziative organizzate dal quotidiano La Nazione per celebrare il 150esimo anniversario della sua fondazione, martedì 17 marzo ha avuto luogo presso l`Auditorium Attilio Monti di Firenze l`incontro con Salvatore Ficarra e Valentino Picone, in giro per l`Italia a presentare il loro ultimo film La matassa, che sta raccogliendo uno strepitoso successo nelle sale. L`evento ha visto la partecipazione di un foltissimo pubblico, tra cui anche molti studenti di cinema dell`Università di Firenze, ed è stato coordinato dal critico Giovanni Bogani. Il duo comico si è concesso con estrema disponibilità alle domande più varie di un auditorio molto partecipe, interessato sia ad analizzare la loro attività cinematografica, sia a entrare più in contatto con la loro esperienza di vita e di spettacolo, indagando il loro rapporto col successo, con la popolarità e le relative difficoltà .
Quel che è emerso, con grande insistenza da parte di entrambi, è l`estrema onestà dei loro intenti. Ficarra&Picone non si nascondono dietro un dito, sanno di essere al momento personaggi di grande successo e riconoscono di non essere comici impegnati. Non affrontano temi strettamente politici o sociali, la loro non è una comicità aggressiva; si alimentano, semmai, di una tradizione fisica e verbale slegata dal contingente. Giocano molto sulla contrapposizione dei caratteri, sulla simulata intolleranza reciproca: da una parte Ficarra che, come giustamente ha osservato Giovanni Bogani, è una figura estremamente mobile e animata da una rabbia quasi proletaria, e dall`altra Picone, più trasognato, riflessivo, ingenuo, dominato da un`estrema calma, tutt`al più segnata da qualche mania nevrotica per paura della vita. La popolarità – affermano – permette loro di essere liberi, di dedicarsi a progetti veramente desiderati. Chaplin dice Picone, è riuscito a fare fino alla morte i film che voleva perchè aveva successo. Buster Keaton è morto in miseria ed è finito addirittura in Italia a fare film pessimi perchè non riusciva più ad avere successo e di conseguenza nemmeno libertà creativa. Mostrano anche una tipica caratteristica dei comici italiani passati dalla tv al cinema, ovvero la difficoltà ad affidarsi ad altri in sede di regia. Il comico, in particolare quello italiano, si sente spesso assoluto detentore del proprio talento, teme di essere tradito dall`intervento del regista e sceglie, non sempre con risultati convincenti, di dirigere se stesso. La formula adottata da Ficarra e Picone scende a un compromesso; i due restano registi di se stessi, ma si fanno affiancare da una terza figura, Giambattista Avellino, che, come dice lo stesso Ficarra, è un indispensabile occhio esterno, un valore aggiunto. Il rischio maggiore per un comico è quello di esagerare, questa formazione a tre in regia, invece, è ormai rodata ed estremamente vantaggiosa. Avellino, insomma, li osserva e li argina, fornendo quello sguardo cinematografico che forse ai due ancora manca.
L`onestà d`intenti coinvolge anche una maggiore cura cinematografica. Se nei cinepanettoni, per intenderci, si accumulano comici di qualsiasi estrazione regionale per andare incontro ai gusti di tutti, Ficarra e Picone girano in Sicilia e, pur nei limiti di una comicità che non pretende altro, cercano di attenersi a un maggior rispetto filologico per l`ambientazione. Insomma, due ragazzi davvero in gamba, puliti, diretti, schietti, pronti a scherzare col pubblico e a non prendersi mai troppo sul serio.
(MASSIMILIANO SCHIAVONI)