Incontri & evoluzioni al Roma Fiction Fest

Al Roma Fiction Fest incontro con Kelsey Grammer e anticipazioni sulle serie tv che verranno: tra storie dove la realtà non è più ai margini e altre che cambiano posizione geografica.

Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane a cura di Erminio Fischetti

flussi-serialiMinimo comun denominatore: carriere reinventate. Dopo avervi raccontato la scorsa settimana il BBC Day al Roma Fiction Fest, questa volta cerchiamo di darvi un altro stralcio del Festival scegliendo fra sorprese inaspettate e delusioni cocenti di piccole e grandi serie. Ma è essenziale, prima di ogni altra cosa, ricordare l’evento clou di questa iniziativa: l’arrivo di Kelsey Grammer, che ha presentato i primi due episodi di Boss, che dal 4 ottobre viene trasmessa in orario primetime su Raitre (ve ne parleremo fra un po’ perché in questa puntata sarebbe riduttivo). Grammer non ha bisogno di presentazioni: è un’icona della televisione che ha ricoperto per 20 anni (fra il 1984 e il 2004) il ruolo del Dr. Frasier Crane, prima nella mitica sit-com Cin cin e in seguito nello spin-off Frasier, e sempre nei panni del medesimo personaggio è stato guest star in altre serie tv come Wings e The John Larroquette Show. Nella Masterclass, che l’attore ha tenuto nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica il 3 ottobre, non ha raccontato solamente della sua immedesimazione, in Boss, nel ruolo del corrotto sindaco, fittizio, della città di Chicago Tom Kane, sorta di modernizzazione della figura di Re Lear, ma anche del suo rapporto con Shakespeare, dell’evoluzione del mezzo televisivo, del mestiere d’attore, del suo lavoro di produttore, della capacità di reinventarsi una carriera.

Fra le sorprese di questo festival, oltre all’incontro con Kelsey Grammer, spiccano sicuramente anomale co-produzioni e trasferte all’estero di grandi interpreti. Trasmigra dall’America all’Inghilterra Chloe Sevigny che dopo i panni della moglie mormone del poligamo Bill Paxton in Big Love, riveste quelli del transessuale Mia in Hit & Miss, dove è una serial killer su commissione che viene nominata tutore dei figli della sua ex compagna Wendy, tutti avuti da uomini diversi, uno dei quali, l’undicenne Ryan, suo. Scritto da Paul Abbott, l’autore del notevole Shameless (la versione inglese, fonte poi del remake americano omonimo con William H. Macy e Emmy Rossum) e di State of Play, Hit & Miss è dunque la storia di un nucleo familiare fuori dai canoni, che vive in mezzo al nulla nella campagna dello Yorkshire, un bellissimo ritratto sull’identità e un’ottima ricostruzione d’ambienti sulla provincia e la sua povertà, ma è soprattutto un’analisi complessa del concetto di famiglia.

Si trasferisce all’estero anche Steven Van Zandt, il ben poco prode mafioso Silvio Dante de I Soprano, nonché noto chitarrista per Bruce Springsteen. In Lilyhammer è un pentito che decide di entrare nel programma di protezione testimoni. Per suo volere viene mandato in una piccola località della Norvegia dove deve fare i conti con una realtà completamente diversa da quella della malavita newyorkese, ma poi in fondo in fondo non troppo. La serie si configura come una divertente e ironica parodia del personaggio del mafioso che, fuori dal suo habitat naturale, è costretto ad adattarsi ad un nuovo stile di vita in uno dei Paesi con uno dei tassi di criminalità più bassi al mondo.

Dopo aver riciclato la carriera di Jessica Lange con American Horror Story, Ryan Murphy fa lo stesso per Ellen Barkin con The New Normal, ed è proprio l’attrice ad incarnare il personaggio più interessante di questa sit-com che non sembra aggiungere nulla di nuovo al tema che tratta. The New Normal, prossimamente su FOX, racconta, infatti, la storia di una coppia di uomini gay in cerca di una madre surrogata per il bambino che vogliono avere. Si imbattono in una giovane ragazza madre di provincia la cui nonna razzista è disgustata dalla scelta della nipote. Un’analisi della società contemporanea americana, sui cambiamenti sostanziali del suo concetto di famiglia e la nuova concezione della parola “normale”, che da quel poco che l’episodio pilota lascia intravedere non sembra brillare per originalità, in particolare per via di personaggi troppo stereotipati, dalla coppia gay alla ragazzotta di provincia vacua e dal cuore d’oro, e dove riesce a distaccarsi dalla banalità solo quella della nonna Ellen Barkin, costruita su un doppio fondo razzista a tratti ironico, che poi sotto sotto nasconde frustrazioni e insoddisfazioni. Non fidarti della s**** dell’interno 23, anche questo prossimamente su FOX, è un’altra commedia che racconta del contrasto fra città e provincia. June arriva a New York dal Midwest e deve fare i conti con Chloe, una coinquilina priva di scrupoli. Ma ben presto la povera Chloe scopre che l’ingenua ragazzotta di paese sa difendersi bene, mentre June capisce che l’altra non è poi così terribile, anzi! Piacevole da guardare, la serie ha anche una piccola chicca trash, la partecipazione di James Van Der Beek, che dopo Dawson’s Creek si ricicla nei panni di se stesso, sospeso fra il divismo legato ad un personaggio che gli è rimasto appiccicato e una carriera mancata, magari proprio a causa di quel ruolo. C’è da dire che il buon James sa prendersi bene in giro da solo e con grazia.