GFF, impegno doc

20/07/09 - “Quando i pesci piangono nessuno di vede e qui ci sono tanti piccoli pesci che...

Giffoni, arriva la guerra, il tabù dell`ignoranza e della povertà : “Non c`è guerra senza uomini”.

(Dalla nostra inviata Giovanna Barreca)

joh-high320/07/09 – “Quando i pesci piangono nessuno di vede e qui ci sono tanti piccoli pesci che piangono”. Giuseppe Carrisi, inserisce questa didascalia alle immagini che mette volutamente in apparente contrapposizione nel suo documentario “Voci dal buio”, dove le vite dei bambini soldato di 2 differenti eserciti, quello della Camorra e quello della Repubblica popolare del Congo, vengono buttate via come se non avessero alcun valore. Due realtà  sicuramente diverse ma con un comune denominatore che è lo sfruttamento che nega il diritto all`infanzia a milioni di giovani nel mondo. Per la prima volta Giffoni film festival diventa produttore di un doc, in collaborazione con la Provincia di Pisa, per perseguire quell`obiettivo di maggiore sensibilità  e attenzione dei suoi ragazzi e di tutti i loro coetanei nel mondo, nei confronti della realtà  che li circonda. In fondo Giffoni sposa perfettamente un monito di un giornalista africano che nel doc afferma: “Abbiamo il compito di salvare i nostri bambini perchè sono loro il nostro futuro”. Oggi, 19 luglio, ha cercato di perseguire tale obiettivo tentando di far capire come la mancanza di giustizia, dignità  e amore neghino il futuro a molti loro coetanei, ma anche grazie a “Johnny mad dog” di Jean-Stephane Sauvaire, un film opera-prima, inusuale per questa manifestazione perchè davvero carico di una violenza efferata, senza filtri di alcuni genere (ma sicuramente “necessario” nel senso usato da Truffaut quando venne a Giffoni nel 1982).

Presentato in prima mondiale a Cannes 2008 nella sezione fuori concorso “Un Certain Regard”, il film è la trasposizione del libro autobiografico di Emmanuel Dongala (nel 2002 premiato come miglior libro dell’anno dal Los Angeles Times). Si percepisce che il film ha colpito a tal punto i giurati dal senso quasi di disagio provato nell`applaudire la pellicola a fine proiezione. C`era una sorta di shock emotivo di una sala incapace di credere che un loro coetaneo, nell`Africa di oggi, armato fino ai denti, sogni di diventare feroce come un cane pazzo (nome di battaglia Jonny mad dog) e reciti, insieme ai suoi compagni, frasi come “Se non volevi soffrire, non dovevi nascere”. A restituirci un senso di veridicità  efferata c`è sicuramente anche l`urgenza del regista di girare in un paese come la Liberia, con giovani che hanno contribuito con la loro esperienza diretta, con le loro cicatrici fisiche e purtroppo non solo, ad un conflitto decennale. Attraverso diverse soggettive lo spettatore diventa prima violentatore e poi vittima. E ci racconta non sono la guerra ma anche, come dopo anni, sia difficilissimo uscire a causa delle strutture mentali ormai create anche in giovani menti: “Vengono rapiti e obbligati a unirsi ai gruppi armati. Subiscono il lavaggio del cervello e sono obbligati a compiere azioni irreparabili come uccidere un membro della propria famiglia, o stuprare la propria sorella. La violenza di questi atti permette al bambino di allontanarsi dal proprio clan e dal villaggio, diventando dipendente dal proprio capo banda, che può manipolarlo come desidera”. “Dopo tutto questo come si fa` a spiegar loro che la vita umana è sacra?”si chiede il regista. Le immagini d`archivio degli oltre 10 anni che hanno flagellato la Liberia accompagnano i titoli di coda del film e in queste immagini ritroviamo la carriola spinta da una bambina (Laokolè, “la speranza” di una possibile salvezza), l`abito bianco, un bambino che più di altri sembra un rap americano (Johnny), tutti elementi che hanno aiutato a creare sicuramente la finzione scenica che trova l`equilibrio perfetto tra l`energia del documentario e una storia che si è costruita anche grazie a questi pochi oggetti. L`abito bianco, la vestizione di una sposa che si rivela poi una bambina soldato permette allo spettatore di vedere tutti questi bambini come vittime sacrificate ad una logica perversa e assurda.

La giornata del 19 luglio però si conclude con le parole di speranza di colui che ha interpretato un soldato kamikaze, purtroppo, della nostra Italia: “Ho prolungato il suo urlo di rivolta attraverso il mio corpo” anche perchè, non dimentichiamolo, Peppino Impastato è stato ucciso con una macchina-bomba e la sua mamma non ha mai potuto avere un corpo da piangere”. Queste le parole di Luigi Lo Cascio, Premio Giffoni experience 2009, ai giovani della giuria che hanno amato il film di Marco Tullio Giordana “I cento passi” dove l`attore palermitano interpretava un ragazzo che decise di ribellarsi al muro di omertà  che avvolge Cinisi, il suo paese, governato non dallo stato ma da un boss locale. All`esercito della mafia oppose se stesso e la sua visione della giustizia e della verità , pagando con la vita la sua scelta, “ma Peppino, ricordiamo figlio di mafiosi, dimostra che tutti possono fare qualcosa – conclude l`attore – Ogni spettatore dovrebbe prendere su di sè la responsabilità  del suo messaggio”.