IL NORD E IL SUD ITALIA FERITI

28/05/11 - Hai visto mai? ci porta nello scempio italiano con Le white di Simona Risi e La baia dei lupi di Bruno e Fabrizio Urso. In concorso.

Dalla nostra inviata Giovanna Barreca

Ascolta le interviste di RADIOCINEMA ai registi:

  • Simona Risi
  • Bruno Urso & Giuseppe Consalis
  • L’unica cosa che non divide il Nord e il Sud del nostro paese sono gli abusi dei quali tutto il territorio è vittima e nei due documentari presentati in questo secondo giorno di proiezioni l’indignazione sale alta tra i tanti che con grande interesse affollano le sale del complesso monumentale. Simona Risi al suo secondo documentario dopo Mbeubeus del 2007, denuncia la situazione delle White, le case popolari costruite nel 1986 e abitate da 150 persone nella periferia di Milano sud est. La prima parte del documentario punta l’attenzione sulla lotta che da 25 anni porta gli inquilini di queste costruzioni – chiamate così perché tutta la struttura è rivestita da pannelli di amianto bianchi – a chiedere un intervento da parte delle istituzioni. Anche perché in questi palazzi si muore di tumore: 49 le persone decedute, tra le quali tanti ragazzi e 18 sono malate. Nella seconda parte, inaspettatamente come scopriamo intervistando l’autrice che si è interessata per anni del problema, arriva l’avviso di sgombero e di assegnazione di nuovi alloggi per tutte le famiglie del complesso di Via Feltrinelli. Quindi alla denuncia si aggiunge il sentimento di spaesamento di persone che lasciano un luogo di morte nel quale, anche grazie al comitato, si era formata una comunità coesa. In tutto il film le scelte di stile adottate dalla regista fanno sì che l’immersione sia totale: un’immagine nitida, forte e l’uso di una macchina da presa fissa; un punto di vista sempre molto a misura d’uomo come a voler entrare e far nostro lo sguardo di questi uomini e ragazzi vittime di una situazione.

    Un punto di vista tenuto molto basso e movimenti di macchina sicuri con colori volutamente saturati nell’ottimo lavoro – l’applauso più intenso, lungo e partecipato di questi due giorni di proiezioni – di Bruno e Fabrizio Urso che ci portano nelle raffinerie e industrie chimiche italiane costruite nella baia di Priolo-Siracusa, antico sito storico del Mediterraneo e una volta, come ricorda Zingaretti nell’introdurre il doc “erano luoghi mitologici. Del golfo di Augusta si favoleggiava per la sua bellezza e per la sua magia come per tutta l’area del siracusano”. Ma il film parte dal dato storico dell’arrivo nel 1962 di Enrico Mattei a Siracusa per inaugurare il polo che diede avvio a tutto quello che oggi è una zona fortemente inquinata dove le persone hanno accettato di continuare a vivere perché, come racconta un parroco attivo nella lotta per l’acquisizione di una nuova consapevolezza da parte dei cittadini, per molti è ancora: “Meglio morire di tumore che di fame” in un’azienda che alla morte del padre, assume il figlio offrendo un’opportunità di lavoro in una zona depressa del paese. Quindi la strage di stato (e mai termine fu più chiaro) continua e i due registi ci fanno toccare in nostro territorio ferito attraverso immagini di zone meravigliose ‘smembrate’: le viscere della terra distrutta, la benzina che esce dai rubinetti, l’emorragia di un corso d’acqua che per i riversamenti di mercurio ha cambiato colore. Non si affida al fuori campo nulla che non sia di massima attenzione. E i primi piani di alcuni attivisti delle associazioni di sensibilizzazione, purtroppo una delle poche voci raccolte, diventano la testimonianza dello smarrimento dei molti che non sono davanti alla macchina da presa. Oltre alla sensibilizzazione sul tema, crediamo che i due registi fossero interessati al racconto di quest’importante momento di transizione perché si parla ora di un riclassificatore, il un inceneritore che ferirebbero ulteriormente la zona. Perché il loro documento diventi anche ulteriore strumento per riflettere sul futuro. Troviamo però che l’utilizzo del voice over, voluto per aiutare soprattutto il racconto cronologico degli eventi, abbia indebolito una narrazione che le immagini rendevano potente e intima.