Intervista a Stivaletti

03/12/07 - In occasione dell'uscita in DVD del film “Il bosco Fuori”, firmato dalla nuova promessa del cinema horror...

03/12/07 – In occasione dell’uscita in DVD del film “Il bosco Fuori”, firmato dalla nuova promessa del cinema horror italiano Gabriele Albanesi, Radio Cinema ha realizzato per tutti gli amanti del genere, un’intervista esclusiva a Sergio Stivaletti, maestro internazionale di effetti speciali e make-up. Un’interessante chiacchierata in compagnia di uno dei più importanti effettisti cinematografici, che si è sempre misurato in maniera incondizionata con svariati mestieri del cinema, come quello del regista. Prossimamente, lo vedremo di nuovo dietro la macchina da presa per gli Italian Master’s Of Horror, accanto a Lamberto Bava, Ruggero Deodato e i Manetti Bros.

Sergio, da dove prendi spunto e ispirazione quando lavori agli effetti speciali? Alcune creature, come ad esempio Menelik di Demoni 2, sono tutto frutto della tua creatività …

In realtà , ci si ispira un po’ a tutto, basta andare in libreria, vedi alcune immagini e da lì ti scatta un’idea, che poi cerchi di inserire nel contesto di un film. Bisogna fare comunque una distinzione tra quella che è la creatività personale e le fonti di ispirazione. Nel caso della creatura di Menelik, più volte paragonata, a ragione, ai Gremlins, in realtà ci sono spunti di ispirazione ben più importanti e soprattutto precedenti. Quel demonietto – insieme anche ad altri che ho disegnato per Demoni – proviene dal celebre dipinto “Le Tentazioni di S. Antonio”, all’interno del quale, volendo, possiamo ritrovare tutti i Gremlins che vogliamo. La realtà è che noi, qui in Italia – ma è così anche per gli americani – spesso ci ispiriamo a delle iconografie classiche: i quadri, per l’appunto, ma anche, ad esempio, i Gargoyles delle cattedrali, e quindi a tutti quei mostri che popolano da sempre le più famose opere d’arte. Ciononostante, c’è il solito problema italiano d’arrivare sempre secondi nel riproporre, attraverso il cinema, certe tematiche. Con il risultato di sembrare, sempre, la copia dei cugini americani, che fanno sicuramente dei bei lavori, ma anche noi ci difendiamo bene.

Il nostro cinema, da qualche tempo, sta manifestando in maniera incisiva una riscoperta e un rinnovo dei generi, per mano di giovani registi (come questo “Il Bosco Fuori”) o di vecchie conferme (“La Terza Madre”). àˆ dinamico secondo te questo cinema, vedi aprirsi nuove strade o siamo ancora insabbiati dalle solite piaghe produttive e distributive?

Di strade nuove se ne vedono molte, soprattutto per il fatto che, teoricamente, oggi, chiunque, può realizzare un film, o comunque un prodotto filmico da poter proiettare. Oggi mettere insieme immagine e suono è diventato di una facilità estrema rispetto al passato. Ricordo che io, i miei primi passi, li ho fatti su pellicola, e il discorso era molto più complesso: solo per poter montare alcune sequenze bisognava disporre di una moviola. Bisognava avere fisicamente delle competenze, dal manuale alla chimica addirittura. Tutto questo ora è superato, si dispone di mezzi molto più semplici. Un film può uscire fuori completo, già dallo schermo di un computer, senza neanche passare per la cinepresa; le immagini oggi vengono generate in tanti e tali modi che in effetti, la creatività , diventa il solo limite reale da superare. Per il resto si può fare qualsiasi cosa: questa è la vera, grande differenza.

Da alcuni nostri registi, si sente spesso affermare un concetto un po’ triste, ovvero che un budget limitato, in un film, equivale ad avere le mani legate, soprattutto in merito all’aspetto creativo. Il tuo cinema, e il cinema di genere vecchio stampo, ci insegna invece esattamente il contrario. Quando il budget a disposizione è limitato, secondo la tua esperienza, l’inventiva che ruolo gioca?

Riconosco che la proporzione in questo caso è inversa: in effetti con un budget limitato, l’inventiva aumenta. Certo, io non sono forse la persona più giusta per esaltare l’idea che, il budget limitato, sia favorevole al film, perchè vivo da anni nel complesso di avere dei budget molto più bassi della media mondiale. In Italia questo tipo di cinema si fa e si è sempre fatto, comunque, con pochi soldi, e questo chiaramente è penalizzante, perchè questa tipologia di cinema a volte ha bisogno di budget adeguati, che non devono essere per forza cifre enormi, si possono ottenere buoni risultati anche con budget discreti. In questo senso, le problematiche maggiori del cinema italiano, vengono proprio dai nostri produttori, che non sono abituati a dare la giusta importanza ad alcuni fattori del film. Fattori che spesso sono proprio gli elementi chiave per una buona riuscita. I ragazzi de “Il Bosco Fuori”, Gabriele e Gregory, tutto questo l’hanno capito da subito: non è stato difficile ragionare con loro sul fatto che il budget necessario per gli effetti speciali, per quanto piccolo fosse, era comunque importante, soprattutto per una piccola produzione come la loro. Tutto questo a me risulta un po’ paradossale, perchè magari ragionare sulla stessa percentuale di budget, in un film “vero” – concedetemi la brutta parola – nel quale è il produttore a mettere i soldi, sarebbe risultato ancora più difficile. Far capire ai produttori l’importanza, in percentuale, degli effetti speciali, è davvero difficile. Un discorso a parte lo faccio spesso sugli effetti digitali: secondo me una delle pecche del cinema digitale è quella di dare al regista la sensazione di potere fare ciò che vuole. Questo lo mette in una condizione che è esattamente il contrario della creatività . La creatività , secondo me, nasce dai limiti, quindi in questo senso il budget limitato può essere un incentivo. Se oggi, ad esempio, si realizzassero degli “Alien” digitali – faccio questo esempio poichè reputo “Alien” uno dei film più belli che abbia mai visto, spettacolare e ricco di effetti speciali – ci sarebbero, probabilmente, nel film, tanti pupazzetti che corrono da tutte le parti. Al regista difficilmente verrebbe alla mente di far vedere il dettaglio della saliva che scende dai denti, o il dettaglio del dente acuminato, o una superficie stranissima del cranio, come ci ha fatto vedere Ridley Scott nel suo capolavoro. In questo film, alcune scelte creative del regista – che hanno fatto letteralmente scuola, riprese anche da altri – nascono dalla decisione di non far vedere alcune cose, limitando l’inquadratura ad alcuni dettagli, ad alcuni particolari.

Sergio Stivaletti regista, in un film, che importanza ha dato e continua a dare, all’elemento musicale e alla colonna sonora?

Per me è un aspetto importantissimo, non riesco a scindere le due cose. L’utilizzo della musica nel cinema poi, soprattutto in Italia, secondo me, è un campo ancora tutto da esplorare. Mi vengono in mente alcuni ragionamenti fatti anche con Maurizio Abeni, che è il mio musicista, ovvero di sperimentare proprio in questo senso. Lo stesso film visto con una musica diversa diventa un’altra cosa, un altro prodotto. Questo di sostituire la colonna sonora è un esperimento che si potrebbe provare fare. Nei miei film la musica è sempre stata fondamentale, riconosco un grande ruolo a Maurizio. La musica sottolinea, enfatizza certe cose, a volte nasconde: i mie film sono pieni di musica proprio perchè hanno bisogno di nascondere tante cose.

(ALESSANDRA SCIAMANNA)