L’illusion comique

28/11/11 - In Festa mobile, il film tv di Amalric, adattamento dell'omonima piece di Corneille. Straniante e decisamente troppo passatista.

Dal nostro inviato ALESSANDRO ANIBALLI

Mathieu Amalric è un eccezionale interprete francese, volto feticcio di un autore come Arnaud Desplechin (l’ultimo grande allievo della Nouvelle vague), e ha acquisito una certa notorietà internazionale prestandosi a qualche apparizione hollywoodiana (da Munich a Agente 007 – Quantum of Solace) e lasciandosi dirigere da un autore estremamente e fastidiosamente discontinuo come Julian Schnabel (Lo scafandro e la farfalla). Eppure Amalric è anche un regista di notevole talento sia pur – anche lui purtroppo – molto discontinuo. Lo dimostra L’illusion comique, presentato nella sezione Festa mobile – Figure nel paesaggio, che arriva a un anno di distanza dall’ottimo Tournée. E se quest’ultimo film, vincitore del premio della regia nel 2010 a Cannes, aveva dato l’impressione di un netto salto di qualità da parte dell’Amalric regista, dopo prove evanescenti come Le stade de Wimbledon (2001), ora proprio L’illusion comique rimette tutto in discussione. Certo, vi è l’attenuante che si tratta di un lavoro televisivo e che ci si è cimentati in un vero e proprio divertissment, e cioè trasporre letteralmente un testo teatrale di Corneille del 1635 (intitolato per l’appunto L’illusion comique), lasciando intonsi persino i versi alessandrini dell’originale.

Però, di fronte a una sfida che poteva invitare a esercizi di regia totale e radicale come quelli di un maestro del lavoro su testi pre-esistenti quale Jean-Marie Straub, Amalric sceglie invece la strada più semplice e kitsch: l’adattamento in abiti e contesti contemporanei, per cui ad esempio nel prologo quel che in Corneille era una caverna qui diventa la control room di un albergo (con tanto di schermi su cui vedere quanto si racconta). Il risultato di una tale scelta è la schizofrenia del film: da un lato gli attori recitano un testo straniante (perché è in rima, in versi e ha una metrica rigida), dall’altro cercano di muoversi e di agire con naturalezza. Perciò ne L’illusion comique si prova del fastidio per la sempre discutibile operazione di aggiornamento di testi classici del teatro e si ha inoltre la conferma che Corneille al contrario di altri autori del suo tempo (come Molière ad esempio) dialoga difficilmente con il presente. E il testo del drammaturgo appare invecchiato non solo per l’uso dei versi alessandrini, quanto anche per il suo discorso meta-teatrale, che Amalric invecchia ancora di più moltiplicandolo anche per un discorso meta-cinematografico (gli schermi per l’appunto, la scoperta che quanto si è visto era frutto di una recita). Che tutto è teatro, tutto è scena, tutto è finzione la cultura del Seicento ha saputo dircelo in tanti altri modi e forme, da Velásquez a Cervantes, da Calderón de la Barca a Shakespeare.