Poesia e documentario

26/06/09 - Nella sezione “Document” dell`Edinburgh Film Festival, sezione riservata al cinema...

“Boris Ryzhy” all`Edinburgh Film Festival

(Dal nostro inviato Massimiliano Schiavoni)

boris_van-der-host26/06/09 – Nella sezione “Document” dell`Edinburgh Film Festival, sezione riservata al cinema documentario, occupa un posto di rilievo “Boris Ryzhy” di Aliona van der Horst, autrice russo-olandese che ha composto una sorta di elegia per immagini in memoria del poeta russo Boris Ryzhy, suicidatosi nel 2001 a soli 27 anni, al culmine del suo tormento emotivo e creativo. L`opera di van der Horst può apparire di difficile collocazione, e può essere giudicata anche “spuria” all`interno della consueta definizione di documentario. Per buona parte della prima metà , infatti, l`autrice compone un vero e partecipe omaggio poetico, intarsiando immagini e parole della più varia derivazione. Frammenti di componimenti del poeta, letti dalla sua viva voce; immagini che si legano ai brani poetici per antifrasi, per analogia o per puro simbolo; contributi filmati di repertorio; testimonianze dirette della famiglia (particolarmente toccanti gli interventi del figlio di Ryzhy, ora adolescente). A poco a poco, però, il quadro si allarga, e van der Horst delinea, tramite la figura del poeta, una riflessione sugli ultimi 20 anni di storia russa, sulla Russia post-comunista, sul sentimento di vuoto della cosiddetta “generazione di mezzo” a cui Ryzhy apparteneva, ovvero la generazione che ha vissuto il comunismo nell`infanzia e non ha potuto vivere una vera epoca capitalista russa perchè ancora in da farsi. Una generazione di sradicati, delusi, arrabbiati, che, nella perdita di coordinate e punti di riferimento dell`epoca in cui si sono venuti formando, amavano ricordare e poetizzare le proprie origini. Una sorta di regressione per rifiuto della realtà , che poteva produrre poesia, ma anche tormento individuale. Alcuni degli amici di Ryzhy (coraggiosamente intervistati nel film), travolti dalla caduta dell`Unione Sovietica, non hanno saputo tenere il passo dei cambiamenti, e sono finiti nella criminalità . Ryzhy, tormentosamente fuori e dentro il sistema culturale del paese, ha dedicato alcune delle sue pagine più belle a loro. Come loro, in fondo, il poeta è “fuorilegge”, fuori dagli schemi, a metà  tra l`alienazione cercata e subita.

La figura di Ryzhy, così, acquisisce lungo la durata del film (peraltro di notevole economia ed essenzialità : un`ora o poco meno) un significato metonimico rispetto alla sua epoca, e si fa storia del proprio paese. Storia non raccontata tramite gli strumenti classici del documentario propriamente detto, ma contaminata e filtrata attraverso lo spettro della poesia. Ma, per mezzo di metodi espressivi così eterogenei, Van der Horst giunge a suo modo alle radici più pure del documentario. Mossa dall`intenzione di indagare un universo poetico, nell`individuo e nelle sue risonanze sociali, l`autrice ne adatta il linguaggio agli strumenti del cinema, e perviene a una forma di “documentario poetico sulla poesia”, con piena rispondenza tra forma e racconto, tra narrazione e narrato. L`immagine e la parola si fanno poesia, e l`elegia travalica i propri steccati allargandosi a riflessione storica. Non può esserci forma di documentario più alta che raccontare una realtà , psicologica e sociale, tramite il linguaggio stesso di quella realtà . A domani.