Popoli: Land Hebron

22/11/10 - Molti documentari-reportage hanno come soggetto una città. Quelli fatti bene ne colgono tante ...

(Dalla nostra inviata Giovanna Barreca)

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23/11/10 – Molti documentari-reportage hanno come soggetto una città. Quelli fatti bene ne colgono tante sfaccettature. Ma quando l’occhio della macchina da presa è un’arma di attacco e nello stesso tempo di difesa nella città di Hebron, che in un fazzoletto di terra racchiude tutto l’orrore del conflitto mediorientale, il racconto si trasforma il qualcosa di diverso. Nel ritrarre una guerra, diventa più difficile trovare il linguaggio giusto per lasciar parlare la città. Giulia Amati e Stephen Natanson – la prima regista italiana alla sua prima opera cinematografica, il secondo ebreo documentarista affermato in Europa . con This is my land…Hebron riescono pienamente a bilanciare il racconto della quotidianità di una città in guerra. Senza sbavature, utilizzando loro riprese, quelle di palestinesi che vivono in queste case gabbie e materiale d’archivio di diverse associazioni umanitarie, quali “Breaking the silence” e “B’Tselem” ci mostrano i 500 coloni ebrei che vivono in un territorio che conta 150000 palestinesi. Ci raccontano come i soldati israeliani siano in quel territorio per proteggere più i palestinesi dai continui attacchi dei coloni estremisti che i palestinesi pronti a violare lo spazio degli ebrei. E questo non perché decidano di schierarsi da una parte del conflitto, ma semplicemente perché oggettivamente sono gli stessi israeliani a essere spesso violenti, a ghettizzare.

Orrore per tutto questo. Forse anche ingenuamente abbiamo posto la domanda delle domande a Stephen, perché spiegare come qualcuno che vive un orrore accetti di farlo vivere a sua volta ad altri, è qualcosa di inspiegabile: figli, nipoti di uomini che probabilmente hanno conosciuto i campi di concentramento, siano pronti a loro volta, a costringere altri esseri umani a vivere sopprusi e violenze è qualcosa che va oltre la nostra umana comprensione. Hebron etimologicamente vuol dire amico ma oggi è dominata dall’incapacità di ascoltare gli altri visti solo come nemici.