Profondo Rock

23/11/07 - In occasione della presentazione del libro “Profondo Rock”, biografia del compositore...
Intervista esclusiva a Claudio Simonetti e Gabrielle Lucantonio.

23/11/07 – In occasione della presentazione del libro “Profondo Rock”, biografia del compositore Claudio Simonetti, scritta dalla critica cinematografica e musicale Gabrielle Lucantonio, RadioCinema ha incontrato il musicista e l’autrice, per scambiare due chiacchiere su questo nuovo lavoro e sul loro modo di intendere il cinema e la musica.

Claudio, iniziamo dal tuo ultimo lavoro: “La Terza Madre”. Nella colonna sonora di questo film, sembra quasi che tu sia alla ricerca di qualcosa di nuovo, che la tua musica stia cambiando…

Si, è vero che sono alla ricerca di qualcosa di nuovo, però, in questo caso, ho voluto utilizzare l’orchestra mentre una volta eravamo sperimentali e pionieristici con la musica elettronica. Adesso mi è sembrato doveroso cimentarmi in un campo diverso, mescolando l’orchestra tradizionale con le sonorità elettroniche, è stata un’esperienza molto bella. Un po’ come “tornare agli albori”, ma si tratta di un’evoluzione, non di un’involuzione.

Gabrielle, da “Profondo Rosso” a “La Terza Madre”: che idea ti sei fatta in merito al percorso artistico e all’evoluzione che Simonetti ha compiuto in questi anni?

Secondo me Claudio sta maturando moltissimo, e sta sperimentando nuove strade. E’ passato all’orchestra, e finalmente sta ritrovando la sua cultura classica, dimostrando a tutti di essere un musicista completo, capace di utilizzare l’elettronica come la grande orchestra, senza problemi. Sta dimostrando di saper fare davvero tutto.

Claudio, quanto incide la colonna sonora in una pellicola?

Chiaramente dipende dalle pellicole, ma normalmente la colonna sonora è fondamentale, in alcuni casi predominante. La colonna sonora può resistere al tempo più del film stesso: magari uno si ritrova a canticchiare la melodia de “Il Padrino”, senza aver mai visto il film. Molte pellicole devono alla musica tantissimo.

Pensi che la musica per film debba essere sempre complementare alle immagini o a volte è giusto seguire una strada che se ne discosti in parte?

Io non ci ragiono molto sopra, scrivo la musica che reputo giusta per quella scena, poi se ci sta bene, se fa contrasto, se è dirompente, non lo posso sapere subito; me ne accorgo magari dopo anni. Sono molto istintivo nelle cose faccio.

Gabrielle, quale elemento della storia e della vita artistica di Claudio Simonetti ti ha spinta a scrivere questo libro?

“Suspiria”. L’evento scatenante è stato sicuramente “Suspiria” dei Goblin, che mi ha fatto innamorare di un certo tipo di musica, e poi da lì mi sono interessata a Claudio Simonetti solista. Di lui amo molto “Phenomena” e soprattutto “Opera”, anche se ora sono innamoratissima dei titoli di coda della “Terza Madre”.

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Claudio, c’è chi, la musica per film, la affianca più al concetto di lavoro su commissione che al concetto di lavoro creativo…

E’ vero! Tutta la musica, anche ai tempi di Bach e Beethoven, veniva creata su richiesta. Probabilmente, Bach, se non gli avessero commissionato e pagato i lavori, non avrebbe scritto niente. A parte l’entusiasmo giovanile che si può avere all’inizio, se poi la musica non diventa un lavoro, non fai più niente. Grazie ai famosi mecenati, che retribuivano i musicisti, abbiamo tanti capolavori passati alla storia. Comporre musica per film, è un lavoro su commissione a tutti gli effetti: se io non fossi stato chiamato a fare – per esempio – “Profondo Rosso”, non avrei mai scritto quelle musiche.

C’è un genere cinematografico nel quale vorresti cimentarti, e non hai avuto ancora la giusta occasione per farlo?

La fantascienza, che io amo molto. Ho fatto sempre horror, thriller, commedie, anche film polizieschi, ma nella fantascienza non ho mai sperimentato, e mi piacerebbe tanto. Mi piacerebbe musicare anche un film sui vampiri – i miei preferiti – però quello è già il mio genere.

Gabrielle, in altre occasioni hai affermato che, Claudio Simonetti, è uno di quei compositori cinematografici dal tocco sempre riconoscibile. Qual’è questa particolare caratteristica che ritrovi sempre, in ogni sua colonna sonora?

Non è facile rispondere a questa domanda. In lui riconosco una specie di “Simonetti’s Touch”, non facile da spiegare a parole. Sicuramente Claudio è riconoscile attraverso dei clichè, che sono quelli che fanno parte del cinema di Dario Argento. C’è un qualcosa nelle sue composizioni, un tocco, uno stile particolare, che individuo sempre, già dalle prime note; ma è difficile spiegarlo. Questa è una cosa che mi succede spesso, ad esempio anche con Franco Piersanti: individuo subito la sua mano, già dalle prime battute.

(Intervista a cura di Alessandra Sciamanna e Daniele “Danno” Silipo)