#RomaFF16: Corpo a corpo – la vita di Yoko

Marta Iovine presenta ad Alice nella città, alla Festa del cinema di Roma Corpo a corpo, un film su Veronica Yoko Plebani, sulla forza di una donna e di un'atleta che è, che vuole, che vive con la sua bellezza, fuori dai canoni classici. La nostra intervista, in esclusiva, alla regista.
Intervista a Maria Iovine a cura di Giovanna Barreca

Corpo a corpo è l’amore, la lotta, la rabbia, la vita prima e dopo,
il confronto impietoso negli occhi delle donne, il giudizio della storia.
È l’unione, la solidarietà, il senso di squadra.
È la fatica e il dolore, è la guarigione e la rinascita.
È ciò che Veronica è, ciò che ha rifiutato di essere, ciò a cui ambisce.
È come si vede e come vuole che gli altri la vedano.
È la gabbia di una società che ci intrappola in definizioni precostituite
e la libertà con cui Veronica vive la sua vita e il suo corpo.
È diversità.
È libertà. È eroticità nell’accezione più universale.
È la lezione di Veronica Yoko Plebani che già di per sé vale una medaglia.

 

Veronica Yoko Plebani, l’atleta che si stava preparando per le Paraolimpiadi di Tokyo, che stava tentando di preparare gli ultimi esami prima della tesi, che partecipava a Bologna alle lezioni e alle feste con gli amici, che accettava servizi fotografici per le riviste di tutto il mondo, che testava una nuova protesi per risolvere il dolore ai piedi che le impediva di correre al meglio. Quando la regista Marta Iovine incontra la protagonista del suo documentario, incontra l’atleta e la donna che sulla lavagna del Museo d’arte contemporanea di Roma viene definita il corpo positivo, il corpo segnato dalla malattia di una lottatrice che vuol far conoscere la bellezza nella diversità. Una ragazza di 22 anni che afferma: “Avere un impatto positivo con la mia esperienza sulle altre vite, è quello che mi da di più”, con la stessa naturalezza con la quale chiede alla truccatrice di non coprire la cicatrice profonda sul viso perché “la cicatrice mi piace più delle occhiaie che vorrei coprissi”.

Il documentario Corpo a corpo, presentato in Alice nella città alla Festa del cinema di Roma, sedicesima edizione è tutto questo senza nessuna voglia di essere retoricamente positivo, senza nascondere alla macchina da presa nulla che non sia la verità. “La telecamera è l’incarnazione del mio sguardo: io non vedevo le cicatrici ma vedevo e vedo una ragazza” precisa la regista durante la nostra intervista spiegando così perché è stato naturale riprendere Veronica anche in pantaloncini o magliette corte; perché la forza della sue parole, del suo sorriso, delle sue riflessioni e delle sue paure – soprattutto quando il covid ha sospeso ogni attività agonistica – era più forte di ogni altro aspetto superfluo. Veronica ha deciso di essere e di fare tante cose, affermando se stessa, imparando a convivere con una malattia che ha segnato il suo corpo ma che lei non ha scelto.

Un film che mira alla testa degli spettatori per farci conoscere una donna determinata che è, che vive, che vuole. Un film per farci riflettere sulle contraddizioni del nostro tempo, su cosa significhi oggi bellezza, forza, diversità e l’immagine di Veronica con le braccia alzate, avvolta in uno splendido abito rosso – durante un servizio fotografico a inizio film – e quella finale con la giovane che ha quelle stesse braccia al cielo per la vittoria alle Olimpiadi (medaglia di bronzo) ne sono la perfetta sintesi.

giovanna barreca