Rossetti e il crack degli infami

The italian banker di Alessandro Rossetti in sala dal 7 ottobre, dopo l'anteprima nazionale al Festival di Bari. Con l'uso del bianco e nero, di alcuni rallenty, di inquadrature dal basso verso l'altro e diversi campi medi (in contrasto con calibrati primi piani), mette al centro della narrazione i banchieri/infami che si sono approfittati di chi non poteva difendersi. La nostra intervista, in esclusiva, al regista/sceneggiatore.
Intervista ad Alessandro Rossetti a cura di Giovanna Barreca

“Revisionando il testo teatrale di Romolo Bugaro – per curarne la regia – ho avuto l’idea che potesse diventare anche un film” precisa Alessandro Rossetto durante la nostra intervista, in esclusiva, per The Italian banker, presentato in prima nazionale al Bif&st e nelle sale di tutta Italia dal 7 ottobre.

Un processo creativo per l’autore che nasce e sviluppa la sua poetica con opere di cinema documentario: Il Fuoco di Napoli (1997), Bibione Bye Bye One (1999), Chiusura (2001), Nulla due volte (2004), Feltrinelli (2006) Raoul (1997), Vacanze di guerra (2010), per poi avvicinarsi a narrazioni di finzione con Piccola Patria (2013) ed Effetto domino (2019), da un soggetto dello scrittore Romolo Bugaro, con il quale inizia una collaborazione. Ad entrambi interessa condurre una ricerca, con aspetti molto antropologici, legata alle contraddizioni del Nord-Est italiano, alle inevitabili deformità della loro terra d’origine. E se in Effetto domino al centro c’era il sistema legato agli appalti, in The italian banker il riferimento diretto è al crak da oltre 5 miliardi di euro della Banca popolare di Vicenza di pochi anni fa.

Nei lavori di Rossetto non è mai indubbia la ricerca stilistica, le scelte anche puramente funzionali alla narrazione che si trasformano in ottime chiavi di lettura per conoscere i personaggi, attraverso tutta la macchina cinema. In The Italian banker c’è l’uso del bianco e nero che serve a raccontare “una notte ideale” come afferma l’autore, dove in una villa “palladiana, il massimo dell’eleganza, con il suo bianco che gioca in perfetto contrasto con gli abiti scuri degli invitati” si consuma il dramma di un gruppo di ricchi o meglio ex ricchi imprenditori veneti falliti a causa del crack delle banche. Dietro ai loro movimenti, al loro ballo su note latine, nascondono tutta la loro sofferenza e insofferenza che esploderà all’arrivo dell’artefice della loro condizione: Gianfranco Carrer (Fabio Sartor), invocato per tutta la sera. L’uomo costringe gli uomini e le donne che si considerano vittime a riflettere sulle tante ombre che erano alla base dei loro rapporti con le banche, dei mutui e finanziamenti concessi per amicizia, a spese – molto spesso – dei piccoli risparmiatori non tutelati dal sistema di protezione in realtà in atto tra di loro: imprenditori, immobiliaristi e bancari. “Perché Carrer non è stato aiutato, una volta caduto in disgrazia?” viene chiesto nel film. E la risposta arriva palese: “Non ti hanno aiutato perché tu li conosci da sempre e alla gente non piace chi la conosce troppo bene”.

Nella nostra intervista l’autore spiega perché al centro della narrazione ci siano – come dice anche un personaggio nel film: “gli infami che si approfittano di chi non può difendersi”. E ci svela perché sottolineare anche nel titolo il sistema di “italian” banker che è molto diverso dall’estero e ci svela le ossessioni presenti nel film, ambientato in una sola notte e in una sola location.

giovanna barreca