Scream 4

14/04/11 - Un crescendo di citazioni, paura e risate, per l’unica saga horror in cui i sequel non sono inferiori all’originale. Ma poi, in fondo, qual è l’originale?

Stufi di enigmisti sul triciclo, ostelli degli orrori, bambine dell’estremo oriente affette da ipertricosi e relativi cloni occidentali? Se la risposta è sì, o semplicemente avete capito di cosa stiamo parlando, Scream 4 è il film che fa per voi. Ritorno in grande stile di Wes Craven e della saga da lui ideata e diretta, il capitolo 4 delle avventure di Ghostface e delle sue giovani vittime è un turbinio di citazioni che attinge a larghe mani dall’horror contemporaneo e non, dagli episodi precedenti della serie e dall’immaginario mediatico odierno. Non è più soltanto del cordless di casa che bisogna aver paura, il serial killer mascherato da “urlo di Munch” oggi agisce anche su facebook, su twitter, utilizza i cellulari e conosce tutte le applicazioni degli smart phone, inoltre è a suo agio con le webcam e punta dritto su internet. Fortuna vuole poi che la sua vittima predestinata, quella Sidney Prescott (Neve Campbell) che è riuscita a sfuggirgli per ben tre volte, sia appena tornata ritornata nell’amena cittadina di Woodsboro per presentare un libro autobiografico sulle sue esperienze con il killer cinefilo. Ad accompagnare Sidney in questo suo nuovo scontro con Ghostface ritroviamo l’ormai sceriffo Linus (David Arquette) e la sua inossidabile, ma ora alquanto annoiata, compagna Gale(Courteney Cox), e un florilegio di aitanti studenti e studentesse, tra i quali spicca la cuginetta di Sidney, la dolce e indifesa Jill (Emma Roberts). Insomma, tutto è stato predisposto, la mattanza può iniziare, con il suo correlato di frattaglie e inarrestabile ilarità. Tra le novità che la saga di Scream ha introdotto nel genere horror vi è infatti il fatto che si può ridere e aver paura allo stesso tempo e delle medesime cose. Quando poi a governare la macchina da presa c’è un vero e proprio maestro del genere (non dimentichiamo che Craven è stato l’iniziatore anche della saga di Nightmare), non c’è molto da stupirsi se persino un vaso di fiori che dondola sul portico riesce a farci trasalire.

Con un’ironia di cui lui solo è oramai capace, Wes Craven si prende gioco di tutto e tutti, dei propri personaggi in primis, ma anche dello spettatore e di sé stesso e lo fa con una classe che è il suo marchio di fabbrica e l’origine prima del coinvolgimento attivo del suo spettatore più smaliziato. Per una volta bisogna dire che vedere Scream 4 senza aver visto il primo capitolo dimezza il divertimento, il pubblico a cui punta Craven è infatti soprattutto quello dei fan della serie e dei neofiti che correranno a recuperare non solo gli episodi precedenti, ma anche buona parte dei film esplicitamente citati. Un titolo su tutti: L’occhio che uccide di Powell e Pressburger, ma anche Halloween e La cosa di Carpenter, Le colline hanno gli occhi dello stesso Craven, la saga di Venerdì 13 e quella di Non aprite quella porta. Ma accanto alle citazioni più o meno esplicite, il vero fulcro del film sono i discorsi meta filmici, che coinvolgono direttamente la pellicola che stiamo guardando. Scream 4 esordisce infatti con un incipit magistrale a scatole cinesi che, rifacendosi il verso da solo, rende superflua qualunque ulteriore parodia alla Scary Movie. Insomma, parafrasando la poco elegante questione sollevata da uno dei personaggi del film, siamo di fronte alle solite “metacazzate postmoderne”? Ebbene sì, e siamo pronti a scommettere che vi piaceranno, ancora una volta.

DARIA POMPONIO

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