Speciale Venezia

03/09/08 - Mentre il concorso continua ad oscillare, con rigorosa alternanza, tra opere valide...

Speciale Venezia 65

(Dalla nostra inviata Caterina Gangemi)

03/09/08 – Mentre il concorso continua ad oscillare, con rigorosa alternanza, tra opere valide ma non eclatanti di grandi autori (Kitano, Schroeder, Schroeter), e film il cui unico scopo sembra quello di indurre ad arrovellarsi sulle ragioni della loro presenza (“Plastic city” o “L´autre”, per esempio), le sezioni collaterali, al contrario, continuano a dispensare, seppur parsimoniosamente, piacevoli sorprese. E` il caso di “Pescuit sportiv” (Hooked), del rumeno Adrian Sitaru, presentato all`interno delle “Giornate degli autori”. Partendo da uno spunto finalmente semplice, in mezzo ai tanti arzigogoli ed elucubrazioni visti finora, ma non per questo banale, e con l`ausilio di un ottimo trio di attori e budget limitato, Sitaru riesce a restituire efficacemente la complessità¡ dei rapporti di coppia, evitando le masturbazioni e i malriusciti intellettualismi di molti suoi colleghi. E vi riesce attraverso il ricorso ad una figura linguistica tanto elementare quanto sottovalutata quale la soggettiva, facendone veicolo registico e narrativo di significazione, dove gli sguardi dei tre personaggi principali restituiscono i rispettivi punti di vista, in un gioco di equivoci, tensioni latenti e piccole violenze psicologiche, destinate a sfociare in un finale enigmatico e scevro da tentazioni consolatorie. E se in “Pescuit sportiv” è la giovane e invadente prostituta Ana/Violeta a destabilizzare il già precario equilibrio del rapporto tra gli amanti clandestini Miha e Mihaela, analogamente in “Muukalainen” (The visitor), il cupo dramma finlandese di Jukka-Pekka Valkeapà¤à¤, l`elemento perturbante è nella persona del misterioso ospite che irrompe nel quotidiano mènage dell`adolescente protagonista, tra lavori di fatica in aiuto alla madre invalida, in un contesto di campestre frugalità scandinava, e visite al padre galeotto con cui condivide un segreto affidato ad un misterioso scrigno.

E come il film di Sitaru, “Muukalainen” trova il suo cardine nel punto di vista, in una narrazione affidata però non alla parola, del quale peraltro il protagonista è privo, quanto ad una visione più ermetica che passa attraverso gli intensi occhi blu e lo sguardo, “spiante” e spiato del sorprendente Vitali Bobrov. Un film tetro e dalle tinte molto fosche, capace di destare inquietudini da thriller, tra suoni sinistri di una natura ostile e minacciosi versi di animali, e allo stesso tempo condurre, con una poetica di silenzi e temporalità rarefatte, all`interno di una vita sofferta e dolente.