Streetdance 3D

22/03/11 - Da qualche anno il cinema hollywoodiano sfrutta le nuove mode di danza urbana per confezionare film e filmetti con cui sollazzare...

Streetdance 3D Tentativo britannico di dance-movie in 3D riuscito a metà.

22/03/11 – Da qualche anno il cinema hollywoodiano sfrutta le nuove mode di danza urbana per confezionare film e filmetti con cui sollazzare le orecchie (più che gli occhi) dei teenager di tutto il mondo. Esempio definitivo di questo sottogenere è Step Up 3, il primo a sfruttare, per giunta in modo inventivo, la nuova moda stereoscopica. Su quella scia si pone questo film diretto da Max Giwa e Dania Pasquini, che realizzano il primo film britannico in 3D. La crew dei Jay 2.0 perde il proprio leader a un passo dalle finali nazionali di street dance e il compito di gestirla spetta a Carly. Per ovviare alla mancanza di una sala prove fa un accordo con un’insegnante di danza classica: farà loro usare le sale dell’accademia se integreranno i suoi ballerini nel loro numero. Musical (più o meno), film sportivo e dramma post-adolescenziale scritto da Jane English con l’obiettivo di battere i film a stelle e strisce sul loro terreno.

E’ interessante infatti il modo con cui il film cerca di trapiantare una subcultura musicale e non solo enormemente radicata nel vecchio continente, cercando di restituirne le specificità (la danza classica) di usare l’ibridazione tra due stili artistici come metafora del crossover culturale e dell’integrazione sociale: Giwa e Pasquini – guidati dal Romeo e Giulietta di Shostakovich – realizzano una sorta di equivalente del cinema popolare di un tempo, pieno di “azione” e buoni sentimenti, realizzato con semplicità. La storia è secca e senza fronzoli, sebbene risaputa e con dialoghi mediocri, la regia è professionale; quello che un po’ delude sono i numeri musicali, concepiti in modo meno inventivo e incastrati meno bene rispetti ad altri film omologhi. Ma complice l’inattesa espressività degli attori (su tutti, Nichola Burley, oltre a Charlotte Rampling), il film funziona e nonostante il fiacco uso delle tre dimensioni, ci si ritrova come ragazzini a fare il tifo.

EMANUELE RAUCO

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