Tequila

18/12/11 - Melodramma messicano che sfocia in tragedia sul più classico dei triangoli amorosi. Debutto incerto al cinema per Sergio Sànchez Suàrez.

Dalla nostra inviata MARILENA VINCI

E’ un melodramma messicano in puro stile hollywoodiano Tequila – Hystoria de una pasiòn, il film che segna il debutto dietro la macchina da presa di Sergio Sànchez Suàrez. In Italia Tequila non è ancora arrivato ma, dopo aver vinto l’ultimo Aruba International film festival e ad aver aperto il Guadalajara International Film Festival e l’Oaxaca International Film Festival, è stato apprezzato anche al Festival della Ciociaria Nino Manfredi, dov’è passato fuori concorso. Il titolo fa riferimento all’omonimo e famosissimo distillato che si produce in Messico, ma a poco a che fare con la storia se non per il fatto di essere in parte ambientato in una fabbrica che lo produce. Il film, ispirato alla Cavalleria rusticana e al Don Giovanni di Mozart, è ambientato negli anni ’40 e racconta il più classico dei triangoli amorosi: quello tra due amanti divisi dall’anziano marito di lei (nonché amorevole zio di lui), uniti da una passione che li travolgerà fino ad una drammatica conclusione. Passione, gelosia, onore e vendetta sono gli ingredienti fondamentali della storia che, grazie a un azzeccato cast (su tutti i due protagonisti, Unax Ugalde e Daniela Schmidt), una buona fotografia e immagini poetiche, riesce a non scadere del tutto nel prodotto telenovela. Cosa che non si può affermare per quanto riguarda la narrazione “a puntate”, questa sì tipica delle telenovelas. Ciò che non convince è la mancanza di un crescendo emotivo che fa apparire la vicenda piuttosto affrettata e priva della necessaria profondità psicologica che porterà i due amanti a tradire fino al superamento di ogni limite.

A conquistare, più che la storia, è l’eleganza estetica con cui Suarez racconta questo dramma sul grande schermo e la capacità di mescolare momenti romantici e drammatici ad altri con punte di comicità, come nelle scene in cui un industriale statunitense ubriaco serve a rovesciare i pregiudizi sui messicani. Esteticamente pregevole, soprattutto grazie alla fotografia di Andronico Gonzalez, il film ha delle scene molto belle, tra cui quella in cui il protagonista maschile rimane affacciato su un treno che sfreccia nel buio della notte nella campagna (creata digitalmente) e quella del linciaggio, una pratica comune in Messico, per cui sono state usate comparse del posto e che ricorda il martirio di Cristo in croce, preannunciato nella processione del venerdì Santo. Quello di Sergio Sànchez Suàrez, già regista televisivo e di cortometraggi, è insomma un esordio da promuovere ma con riserva.