#TFF39: Ferrario per Blood on the crown

Una storia del passato poco nota che sa parlare al nostro presente, un teatro di personaggi molto variegato, una location suggestiva e reale, due attori come Malcom McDowell e Harvey Keitel. Davide Ferrario in Blood on the crown gestisce una macchina cinema complessa, non perdendo il suo tratto autoriale. La nostra intervista, in esclusiva, al regista. 
Intervista a Davide Ferrario a cura di Giovanna Barreca

Malta ha palazzi e vicoli in pietra color sabbia del deserto che sembrano nati per godere del sole e del mare – di un azzurro intenso – che la circondano. Un panorama ricco di armonia che Davide Ferrario in Blood on the crown sa esaltare al meglio, grazie soprattutto ad uno straordinario lavoro con la luce (diretta da Keefa Chan) che entra in perfetto contrasto con la storia di forza, violenza, morte e desiderio di libertà narrata.

Il film – presentato in anteprima al 39esimo Torino film festival, nella sezione Fuori concorso –  ha una produzione e un cast internazionale (tra i primi ad essere coinvolto l’attore Harvey Keitel) e viene proposto al regista italiano dal produttore Jean Pierre Magro. Per Ferrario, l’idea di poter lavorare ad una storia sconosciuta ai più, con un cast di grandi attori internazionali e anche di tante comparse locali, è sembrata un’opportunità da non lasciarsi scappare anche perché, da regista da sempre interessato a tematiche sociali, politiche e storiche (ricordiamo la trilogia sulla Resistenza: Materiale resistente, Partigiani, Comunisti e anche Linea di confine, La strada di Levi e Piazza Garibaldi), la storia della ribellione della piccola isola di Malta si sposa con suo percorso artistico. Qui, come dice l’autore nella nostra intervista: “C’è gente che ha potere e il popolo che ha fame e decide di lottare per i suoi diritti”.

La sceneggiatura poggia sulla narrazione di pochi giorni cruciali per l’isola di Malta, la colonia più piccola dell’Impero britannico. Una storia poco nota ma fondamentale per il destino dell’isola, circondata dal mar Mediterraneo. Nel 1919 i maltesi (sia i borghesi, sia la gente del popolo) sopportano con molta insofferenza la presenza dell’esercito britannico e non vogliono più far parte della corona inglese, obbedendo alle sue leggi. Non si sentono – e forse non si sono mai sentiti – parte del regno e scelgono la via delle armi per trovare la loro indipendenza (Dopo l’Irlanda, Malta fu la seconda colonia a provarci). Nel film di Ferrario, protagonisti del tentativo di insurrezione del 7 giugno 1919 gli uomini dell’isola e in particolar modo tre giovani del popolo – che si battono per la libertà e per la dignità che gli spetta come esseri umani – e alcuni soldati e generali dell’Impero e tra questi Malcom McDowell (il colonnello Saville) e Harvey Keitel (il generale Blair) che, con i loro comportamenti, determineranno l’esito drammatico dello scontro.

Era possibile per una forza così debole militarmente come quella dei maltesi far fronte all’esercito britannico, fatto di uomini addestrati – anche se molto insofferenti alle condizioni ambientali dell’isola – e ben armati? Il film sa raccontare molto bene questo squilibrio di forze militari, l’affidarsi all’improvvisazione e allo stesso tempo la grande forza nell’animo dei ribelli.

Il bunker chiuso nel quale i generali e comandanti decidono la strategia militare e le sorti dei loro uomini e degli isolani, è perfetto per raccontare la claustrofobia, il buio che gli inglesi rappresentano per il popolo dell’isola che invece combatte per la luce, per la libertà, fino a quel momento negata.

Colonna sonora di Laurent Eyquem che lascia riecheggiare, senza essere mai inutile sottofondo, musiche mediterranee.

giovanna barreca