There Be Dragons

01/08/11 - La Spagna del giovane Escrivá de Balaguer, fondatore dell'Opus Dei, raccontata in versione agiografica da Roland Joffé. Evento al FFF.

Dalla nostra inviata LAURA CROCE

Tra le anteprime nazionali inserite nel programma del IV Fiuggi Familiy Festival, There Be Dragons è sembrata sicuramente una delle più care agli organizzatori, che hanno voluto portare il film in Italia dopo il grande successo ottenuto in Spagna sia in quanto suo paese di ambientazione, sia in quanto terra natale del protagonista di tutta l’opera. Si tratta si Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei, che visse la sua giovinezza agli albori della II Guerra Mondiale, in un Paese diviso dal funesto scontro tra franchiste e repubblicani.

Scritto e diretto da quello stesso Roland Joffé che nel 1986 firmò lo splendido classico The Mission, There Be Dragons aspira a ripercorrere gli anni della vocazione del giovane religioso destinato ad avere un ruolo così importante all’interno dell’universo cattolico, ma secondo quanto riferito dagli stessi membri del Festival, pare che sia stato proprio il regista a voler diluire la storia personale e vocazionale del Santo all’interno della Storia con la S maiuscola. Il film è stato così incentrato su due centri gravitazionali anziché su un unico protagonista, inserendo a tale scopo il personaggio immaginario e irritante di Manolo, spia della Falange all’interno delle file dei combattenti di sinistra. Una figura di estrazione alto-borghese su cui la sceneggiatura carica ogni sorta di bassezza umana, dall’invidia, alla pavidità, al tradimento, nonché l’incapacità di amare un figlio frutto della sua stessa codardia e meschinità. Lo scopo finale di questa variazione sul tema non appare tuttavia molto chiaro: di sicuro concede molto alla contestualizzazione, ma non aiuta la problematicità del discorso filmico, tutto sempre volto all’esaltazione acritica e neppure troppo velatamente celebrativa del giovane, perfetto, comprensivo e immacolato Escrivá. Difficile poi immaginare qualcosa di diverso, avendo a che fare con un materiale narrativo talmente agiografico, ma ci si aspetta di più dall’autore di The Mission, capace, in quel film, di trattare il tema della fede con discreta originalità e con un’ispirazione estetica senza confini, mentre qui è intrappolato in luoghi comuni visivi ancor prima che ideologici.

Dal punto di vista stilistico nemmeno il digitale aiuta più di tanto, avvicinando There Be Dragons ai tanti drammi estremamente convenzionali già girati su quel periodo storico. In un’epoca in cui il cinema spagnolo mostra grande fermento e comincia a voler rielaborare il periodo nero della propria memoria attraverso film arditi e sperimentali (vedi Balada Triste de Trompeta), un titolo così tradizionalistico come There Be Dragons rischia dunque di non reggere la competizione. Rimane però una buona occasione di intrattenimento per gli interessati a quel frangente storico o alla figura di San Escrivá de Balaguer, ma i semplici curiosi sono avvertiti: poco o niente viene raccontato degli sviluppi futuri dell’associazione Opus Dei, qui mostrata ancora in fase embrionale. “Ci saranno draghi”, recita il titolo del film, ma più che una frase a effetto sembra proprio una previsione non troppo azzardata sul futuro di questo film-santino, firmato proprio da quel regista che tanti anni fa fuse le melodie divine di Morricone con l’imponenza naturale e solenne delle cascate sudamericane. Difficile non provare un po’ di nostalgia.