Torino: Rcl con Rossi

10/12/10 – Il regista Massimiliano Carboni con Paolo Rossi e il giornalista Alessandro Di Rienzo sceneggiano...

Il surrealismo civile per raccontare il dramma di Pomigliano d’Arco

(Dalla nostra inviata Giovanna Barreca)

Ascolta le interviste di RADIOCINEMA ai protagonisti di RCL:

10/12/10 – Il regista Massimiliano Carboni con Paolo Rossi e il giornalista Alessandro Di Rienzo sceneggiano RCL acronimo di “ridotte capacità lavorative”. Il termine identifica coloro che, all’interno della fabbrica Fiat di Pomigliano d’Arco, non sono in grado di mantenere i ritmi della catena di montaggio. In realtà, come nei reparti punitivi Fiat anni ’50, oggi ci finiscono gli operai ‘dissidenti’, i sindacalisti e anche gli operai con problemi fisici. Dalla prima scena, viene creato un parallelo tra lo sbarco nella cittadina – la discesa dal trenino regionale – e quello in una terra lontana e fantascientifica, accentuato poi dal percorrere prima a piedi e poi con una scala mobile la stazione deserta. L’atterraggio avviene in una città operaria dove la prima persona incontrata è un sindaco di destra, Raffaele Russo, che sostenne il referendum Fiat, e un prete che invece sta vicino alle istanze degli operai e con loro porta avanti lotte di civiltà: “Mi ricorda i preti sudamericani” affermerà Rossi circondato dalla sua troupe al termine dell’intervista in chiesa.

Carboni ha definito il suo film nel film – una troupe che riprende e allo stesso tempo la troupe che viene ripresa – “un metodo di cinema d’improvviso”. Quando l’abbiamo incontriato a Torino insieme a Paolo Rossi, visto che il film è stato presentato all’interno della sezione “Figure nel paesaggio” del 28° Torino film festival, non abbiamo potuto non chiedergli subito dei paradossi iniziali del film e del parlare per 75 minuti di qualcosa che in realtà non possono filmare: la catena di montaggio. Poi abbiamo voluto sapere, anche se è abbastanza intuitiva, della didascalia che apre il film “Tutti gli usi della parola a tutti. Non perché tutti siano artisti ma perché nessuno sia schiavo”, di Gianni Rodari.

Ne riceviamo risposte chiare ed esaustive da entrambi e come abbiamo affermato, ci è piaciuto il raccontare quello che dai tg rimane sempre visivamente (e non solo) fuori dall’inquadratura, ma forse parte della nostra delusione, rispetto a questo film, nasce dal fatto che ci aspettavamo un’opera amara e scomoda come quelle a cui ci ha abituato la Guzzanti, con un occhio esclusivo sui protagonisti. Forse volevamo capire meglio il referendum al quale si sono piegati gli operai diventati schiavi Fiat, pur di mantenere uno stipendio necessario alla sopravvivenza (i sindacati si divisero e ci fu la resa). Agli operai invece è dedicata solo l’ultima parte del film. E tra il ragazzo che tiene in braccio la figliola – “è un’azzardo mettere al mondo un figlio in cassa integrazione?” chiede e si risponde da solo affermando che comunque la vita va avanti e non si può aspettare che le cose cambino – il momento più intenso è quando il più anziano del gruppo, ormai in pensione ma con le unghie tagliate cortissime ancora nere di olio, afferma di sognare tutte le notti la catena di montaggio, di sentirsi perennemente in ritardo come quando lavorava e temeva di non soddisfare i ritmi produttivi richiesti.

Probabilmente era necessario un registro diverso per Paolo Rossi, forse era necessario usare il surrealismo civile per spiegare l’inspiegabile che stiamo vivendo oggi. Un reality movie. Forse hanno avuto ragione loro ad usare questa chiave che però non ci ha convinti totalmente. Concludiamo con alcuni momenti esilaranti come ‘l’illuminazione di Rossi’: “Farà un film tra Eisenstein, Fellini e Fosse con un’astronave che arriva dal pianeta Lapo, con Shakira che canta per gli operai campani e polacchi e Nino D’angelo vestito da Karl Marx”. Una battuta comica che ironicamente regge il confronto, purtroppo, con la rivelazione del sindacalista sull’azienda che per migliorare la resa e lo spirito di squadra tra gli operai ha organizzato un incontro con i campioni di canoa, i fratelli Abbagnale, e ha mostrato Ogni maledetta domenica di Oliver Stone”.

Prodotto dall’Agenzia multimediale italiana, il 10 dicembre nelle sale per la Iris distribuzione.