Trishna

03/11/11 - Michael Winterbottom annoia e fallisce con l'adattamento aggiornato di Tess, il romanzo di Thomas Hardy. In Focus, occhio sul mondo.

Dalla nostra inviata GIOVANNA BARRECA

Ascolta l’intervista di RADIOCINEMA al regista:

  • Michael Winterbottom
  • Il romanzo Tess di Thomas Hardy è ambientato nell’Inghilterra (fine Ottocento) che sta cambiando grazie all’avvento dell’era industriale e Roman Polanski nel 1979 ne rispettò fedelmente il testo per la sua trasposizione. Invece, secondo Michael Winterbottom, esistevano talmente tante similitudini con l’India contemporanea che era naturale decidere di ambientare nel paese asiatico la storia. Tale aspetto (ampie panoramiche dai colori caldi dell’India dei piccoli paesi come delle metropoli sovraffollate) è l’unico elemento positivo in un film non riuscito, senza ritmo, noioso, che arriva a infastidire: tanti gli spettatori che hanno abbandonato la proiezione in corso al Festival di Roma dove il film è stato presentato nella sezione Focus, occhio sul mondo dove è arrivato dopo la proiezione ai festial di Toronto e Londra).

    Rispetto al romanzo viene eliminata una figura maschile positiva (Jay al posto di Alec e Angel) e tutto ruota intorno al giovane e ricchissimo proprietario alberghiero che si invaghisce di Trishna, (Freida Pinto già interprete in The millionaire di Danny Boyle) una ragazza di paese intravista durante una gita con amici inglesi. La vuole a tal punto da offrirle un lavoro nel suo albergo (ma la loro relazione deve rimanere nascosta), la rincorre quando lei va via e le offre una vita degna di una coppia normale senza gli obblighi delle caste, per poi tornare a trattarla da “cortigiana, amante, serva” (come recita una battuta del film quando Jay – che passa tutta la giornata ad oviare, onnoiarsi e fare sesso con Trishna – cita in Kamasutra) una volta tornati a vivere in uno degli alberghi ereditati dal padre. Trishna, dice di sì a tutto con una passività insopportabile, implode tutto fino all’esplosizione violenta finale, ingiustificata e poco credibile proprio perché la storia è ambientata ai giorni nostri, proprio perché la ragazza non aveva alcuna ragione di sentirsi totalmente braccata nella relazione e considerare un desiderio vietato per esempio ballare per la tv e diventare economicamente indipendente. Nella messa in scena lo sguardo è sempre quello di Trishna che quindi conosce perfettamente, come lo spettatore, la diverse vie d’uscita. Per la terza volta, dopo Le bianche tracce della vita e Jude, Winterbottom traspone un romando di Hardy ma mai aveva osato stravolgere tanto il testo originario, mai aveva perso di vista la storia.

    E l’operazione infastidisce ulteriormente perché un occidentale cerca nuovamente di raccontare una realtà come quella indiana che non può comprendere totalmente, dove per forza di cose sono richieste individuazioni più nette e contrapposizioni più forti; secoli di colonialismo e sopraffazioni non possono essere semplificati con la figura dell’inglese buono che apre alberghi e offre lavoro a tanti poveri indiani. Inoltre Winterbottom sull’argomento è recidivo; fallì già nel 2002 con Cose di questo mondo e il viaggio della speranza di due ragazzi pakistani che cercavano di raggiungere Londra. Anch’esso reportage mediocre adatto al massimo per la tv.