Tutto Lacuesta. A Firenze

21/11/11 - Il Festival dei Popoli ha omaggiato il regista spagnolo con la prima retrospettiva completa italiana sul suo uso del documentario per ricercare il reale.

Dalla nostra inviata GIOVANNA BARRECA

I due neo-direttori, Maria Bonsanti e Alberto Lastrucci, da subito, hanno affermato che la 52/a edizione del Festival dei Popoli era nata all’insegna della ricerca, della trasversalità e innovazione che spinge il cinema del reale ad esplorare anche il cinema di finzione, l’animazione e il cinema sperimentale. Solo in questo contesto poteva inserirsi con tale aderenza la scelta di una filmografia così interessante come quella catalana (supportata anche da un’ottima film commission locale) e del cinema di Isaki Lacuesta che ne è un giovane rappresentante. Firenze dedica al regista la sua prima retrospettiva completa, 24 film tra corti e lunghi circuitati in diversi festival europei e non solo. Alcuni in prima mondiale alla manifestazione. Il formato non ha mai avuto una particolare importanza nel gioco di continue trasformazioni e contaminazioni cercate dal regista che dialoga con le altre arti, basti ricordare le influenze di Mirò, all’arte concettuale e poi a quella classica dei suoi primi lavori fino alla scoperta del continente africano e dei suoi colori così densi che il regista ha visto rappresentati al meglio nella pittura del marocchino Miquel Barcelò, al quale dedica i documentari Los pasos dobles e El cuaderno de barro, entrambi del 2011. Si lascia influenzare dall’arte pittorica dalla quale apprende la possibilità di trasformare le tecnice e le forme. E poi, nel suo cinema, c’è la volontà di mescolare ricordi e immagini come afferma lo stesso autore presentando, nel primo pomeriggio di proiezioni a lui dedicati, In between days, video diario girato con Naomi Kawase incontrata per pochi minuti al festival di Las Palmas. Il desiderio di lavorare insieme e di conoscersi li ha portati a inviarsi, per un anno, lettere filmate dove hanno raccontato il proprio sguardo sul cinema, il loro territorio inteso come luogo fisico ma soprattutto come idea di mondo, idea di vita. Montando le lettere il regista ha dichiarato di aver capito quanto “anche immagini di altri autori, possano risvegliare ricordi fortissimi in noi tanto da diventare parte della nostra vita, appartenerci totalmente”. (Già Las variazione marker (2007) dove aveva rimontato immagini di diversi film di Chris Marker era stato un primo tentativo in tale direzione). Basato sulla riflessione è anche Herencia, frammento del lavoro collettivo Sense of home, ideato dalla Kawase dopo il terremoto e conseguente emergenza nucleare in Giappone nel 2011. Lacuesta in tre minuti, utilizzando un voice over che racconta le ultime ore di un uomo prima di morire su immagini in bianco e nero di tre corpi nudi, di tre generazioni di uomini che si muovono all’interno di un bosco, vuole guidare lo spettatore verso il suo senso di vita, di umanità che deve rapportarsi con una natura non sempre madre benigna. (Proiezione in prima mondiale al Festival dei Popoli).

Nei suoi lavori di finzione, continua a ricercare quella stessa verità e riflessione sul reale: in Cravan vs Cravan del 2002 dove l’autore catalano, con forza, cerca di rivendicare la memoria di Arthur Cravan, boxer e poeta dei primi del Novecento. Lacuesta arricchisce il mistero e successiva scoperta il viaggio di Frank Nicotra che si mette sulle tracce della storia dell’uomo non scostandosi mai dalla vicenda realmente accaduta. Los condenados del 2009, con protagonisti due ex-guerriglieri che vanno alla ricerca del corpo di un loro compagno scomparso trent’anni prima, ha lo stesso stile e la stessa volontà di utilizzare una storia di finzione restituendo però forti elementi del reale. L’idea di tempo presente in tutta la sua filmografia.

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