Valdagno, Arizona

10/09/11 - Alle Giornate degli Autori il collettivo Pyoor presenta un'accozzaglia di buoni spunti su una comunità di Nativi americani.

Dalla nostra inviata GIOVANNA BARRECA

Umberto Marzotto, erede della famiglia di designer italiani, cantautore negli anni ’80 sogna se stesso camminare con gli stivali nel deserto messicano e incontrare Geronimo che gli chiede di parlare del suo popolo. Da questo spunto iniziale, dall’immagine di Marzotto in una stanza d’albergo, ha inizio Valdagno, Arizona un viaggio al confine tra Stati Uniti e Messico all’interno della comunità di Nativi americani, tra racconti – e immagini – del passato e una visione del presente con le sue contraddizioni: nativi che imparano dai bianchi la loro lingua, donne che cercano la loro indipendenza e la loro rivalsa in una società maschilista a dispetto dei principi che guidavano il loro popolo secoli fa.

Il luogo ha un fascino quasi unico grazie alle distese immense, alla sabbia bianca e a un cielo che sembra quasi riflettersi e regalarci una luce ancora più suggestiva. Le immagini di repertorio di un filmato di propaganda quando nella zona gli americani, dopo Pearl Harbor, crearono uno dei tanti campi di concentramento per i giapponesi residenti negli Stati Uniti, sono sconvolgenti per il taglio dato e per il messaggio che contengono. Senza contare le testimonianze di 4 diverse generazioni di nativi che nell’ultimo secolo hanno popolato la comunità. Marzotto e l’intero collettivo Pyoor per Valdagno, (paese d’origine del cantautore), Arizona avevano materiale sufficiente per realizzare un ottimo documentario dal taglio socio-politico importante e invece sprecano totalmente l’occasione, cercando di mostrare tutto, non dando un senso a nulla (il racconto dei giapponesi internati che precede quello della mancanza di supermercati nella zona?!?) e non evidenzia nella maniera incisiva necessaria le difficoltà di un popolo al confine, dove la creazione di un ulteriore muro potrebbe generare problemi gravi. E poi la favola in computer grafica che apre il documentario? E il palco improvvisato nel deserto per Marzotto e Jonny Rosch che valore aggiunto avrebbero dovuto dare alla narrazione? Certamente non genera ulteriori suggestioni e non regala nulla a ritratti superficiali dei luoghi, degli abitanti. Documentario davvero insopportabile e inspiegabile all’interno di una rassegna così attenta e ricca come si è rilevata quella delle Giornate degli autori 2011.