Venezia, 8° giorno

09/09/10 - In questi giorni sugli schermi veneziani realtà e finzione si sono più volte rincorse...

Diari da Venezia – giorno 8

(Dalla nostra inviata Daria Pomponio)

09/09/10 – In questi giorni sugli schermi veneziani realtà e finzione si sono più volte rincorse, sovrapposte, scontrate, ma ieri dalle riflessioni teoriche si è tristemente passati alla cronaca nera. La notizia della morte del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, con tutta probabilità ucciso dalla Camorra, ha scosso anche i festivalieri e ha reso più dura e significativa la visione del film di Mario Martone. Noi credevamo, infatti, presentato in Concorso, è la storia di tre protagonisti del Risorgimento italiano che, come il sindaco, provengono dal Cilento e proprio come lui credono in un’Italia unita e democratica. Il film di Martone, a differenza di quello di Placido, non è affatto un’agiografia dei propri protagonisti, quanto piuttosto un saggio storiografico che tra le pagine della Storia ricerca le ragioni dell’oggi. Ricco di dialoghi intelligenti e pieni di allusioni alla realtà odierna (vergati da Martone stesso che ha scritto la sceneggiatura insieme a Giancarlo De Cataldo), Noi Credevamo esplora a fondo l’impegno e le speranze dei patrioti risorgimentali, ne pone in luce le differenze di classe e i contrasti intestini, predispone e analizza le fondamenta della questione meridionale.

Più che un film sul Risorgimento, quello di Martone è un film sugli italiani, sulla loro incapacità di fare fronte comune per una causa più alta. Un film amaro dunque, che mostra senza epos l’infrangersi delle speranze di una generazione che potrebbe benissimo essere la nostra. La durata del film è fluviale (quasi tre ore e mezza), ma la scansione del racconto (il film è suddiviso in capitoli) e l’orchestrazione del cast sono impeccabili. Ci voleva un uomo di teatro per riportare l’arte recitativa sul grande schermo mescolando scuole differenti senza mai perdere la verosimiglianza. Non ci ha convinto però la performance di Francesca Inaudi (nel ruolo della principessa Belgiojoso) che ci è parsa alquanto fuori parte; la sua spontaneità espressiva è forse troppo contemporanea per un affresco storico così complesso e stratificato. Bravissimo invece il resto del cast, su tutti il sempre eccellente Toni Servillo nel ruolo di un tormentato Giuseppe Mazzini, perennemente intento a scrivere proclami e frustrato per via della sua inazione rivoluzionaria. Bravo anche Zingaretti che incarna l’ambiguo Crispi, il personaggio storico nei confronti del quale Martone esprime il giudizio più severo. Luigi Lo Cascio interpreta invece uno dei tre rivoluzionari da adulto e non è un caso che proprio a lui sia affidato l’epilogo del film: il suo volto sensibile incarna alla perfezione le speranze tradite di quanti, come lui, avevano “creduto”.

Cambiamo ora del tutto genere per gettare uno sguardo all’intrattenimento made in Bollywood. In occasione della consegna al regista Mani Ratnam del premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker, è stato proiettato il film Raavan. Delizioso polpettone canterino e danzereccio condito con una cospicua dose di avventura, il film di Ratnam procede narrativamente (oltre che dal punto di vista delle immagini) al ralenti, diluendo col contagocce eventi ed azioni per concentrarsi invece sulle variegate coreografie e la loro, talvolta estenuante, reiterazione. Insomma, Raavan non è un prodotto consigliato proprio per tutti, ma costituisce comunque l’occasione per tastare il polso all’industria bollywoodiana nonché per poter vedere all’opera sul grande schermo la star Aishwarya Rai Bachchan.

Chiudiamo l’eclettica giornata odierna con una bella seduta di psicanalisi. Non allarmatevi, per il momento qua al Lido tutto procede per il meglio e le sedute reali le possiamo rimandare al nostro ritorno. In compenso ci pensa Jan Svankmajer con il suo Prezít svuj zivot (Surviving Life) a tenerci in allenamento con questioni freudiane e junghiane. Girato con una tecnica che mescola live action e animazione, il film racconta di Eugene, uomo di mezza età sospeso tra sogno e realtà. Grazie all’aiuto di una psicanalista freudiana, Eugene scoprirà che i suoi sogni contengono importanti verità relative alla sua infanzia. Nonostante risulti spesso assai divertente e gustosamente ironico, Prezít svuj zivot rivela un profondo studio delle teorie freudiane e si segnala come uno dei film più originali di questo festival. Da non perdere è poi la presentazione che precede il film, realizzata dall’autore appositamente per la proiezione Veneziana: in questo prologo Svankmajer ci illumina sulle vicende produttive spiega la scelta di questa tecnica mista elencandone con sagacia i numerosi vantaggi produttivi.