Cannes: de Oliveira

20/05/10 - La sezione Un Certain Regard che a Cannes 63 presenta dei nomi hors catégorie (Godard...

Il maestro centenario torna a Cannes con “O Estranho Caso de Angelica”

(Dal nostro inviato Alessandro Aniballi)

de oliveira cannes

20/05/10 – La sezione Un Certain Regard che a Cannes 63 presenta dei nomi hors catégorie (Godard e Jia Zhangke su tutti), è stata inaugurata con il film di una personalità del cinema e dell’umanità davvero extra: Manoel de Oliveira con i suoi 102 anni da compiere a dicembre è un caso inedito di longevità cinematografica e ciò che sorprende ancor più è la continua ri-scrittura del suo cinema, una costante e rinnovata combinazione di temi e ossessioni che ogni volta lascia spiazzati. O estranho caso de Angelica non fa eccezione in questo contesto: la storia di un fotografo che, ritratte le sembianze di una giovane e bellissima sposa morta la notte del matrimonio, se ne innamora e rimane ossessionato dal sorriso della donna che gli pare di aver indovinato sul suo volto, è un racconto che ha il sapore da “detection dell’immagine” del Blow Up antonioniano, ma allo stesso tempo sembra innervato da quell’ironia mortifera che tanta parte ha nel cinema di un grande cineasta brasiliano come Julio Bressane.

Insomma, de Oliveira come al solito scompiglia le carte e realizza un film di “fantasmi”, con degli effetti speciali che hanno la stessa intensità delle ombre di un film muto (l’apparizione in sogno di Angelica che volteggia sopra il letto del protagonista tendendogli vanamente le mani) e con una frontalità della ripresa che qui, nell’interno della camera del protagonista, richiama la quarta parete teatrale, ma contemporaneamente gioca sulla prospettiva di una finestra aggettante ad un esterno sempre inseguito e mai realmente posseduto. Riscrittura di un suo progetto risalente addirittura al ’52, O estranho caso de Angelica si inserisce nella filmografia del maestro portoghese nel filone dei “racconti minori”, come Belle toujours ad esempio, sublimi divertissment come nessuno al momento nel cinema mondiale è in grado di fare (perché ci si prende sul serio anche quando si pretende di far finta di essere “leggeri”). Così Manoel si può permettere di “rigiocare” con i ruoli e i personaggi dei suoi attori feticcio (Ricardo Trepa e Luis Miguel Cintra su tutti) e di farli dialogare amabilmente, partendo dai massimi sistemi, passando alla crisi economica mondiale e arrivando a un dialogo decisivo che fa capire al personaggio come potrebbe esaudire la sua aspirazione di raggiungere Angelica: un passaggio magistrale, degno dei dialoghi di Un film parlato. Ma l’idea della circolarità e del racconto autoconcluso e divertito è anche l’idea visiva e concettuale del film che si apre con una lunga sequenza in esterno: una strada piovosa e deserta in cui entrano in campo macchine e personaggi, si accendono luci, poi si spengono, spariscono le figure e si torna all’identica situazione iniziale. Così non diversamente avviene negli incontri che ha il protagonista, dal mendicante alla padrona di casa, dai piccoli gesti che si ripetono sempre con una piccola differenza, come alla ricerca del nuovo dettaglio (allo stesso modo di un cruciverba o della stessa osservazione del volto di Angelica, senza capire se sorrida o meno). In realtà ogni piccolo momento allontana sempre più il protagonista dal reale per trascinarlo verso la finzione fotografico-fantasmatica. Decisivo in tal senso è il parallelismo con il gatto, il momento più alto del film e quello che inserisce direttamente in campo il concetto di Accidente: un micio che, entrato nella stanza, comincia a osservare con cupidigia l’uccellino rinchiuso in gabbia, corrispettivo della donna “rinchiusa” nella foto.

Per chiudere, O estranho caso de Angelica è anche un omaggio al lavoro contadino, al lavoro della terra e al fiume Douro, cui de Oliveira è legato per questioni biografiche e per avervi ambientato il suo primo film in assoluto, Douro lavoro fluvial, nel lontanissimo 1928. La tematica del lavoro allora va a contrapporsi a quella dell’amore: tanto quest’ultimo è etereo e impalpabile, tanto quello è concreto e terragno. E sui titoli di coda, al sentire il tradizionale canto che i lavoratori hanno dedicato al loro fiume, non ci si può non commuovere al pensiero che in quel canto così umile c’è tutta la vita e il cinema di Manoel De Oliveira.