Warriors of the Rainbow

01/09/11 - In lizza per il Leone d'oro un roboante kolossal taiwanese pieno di spirito patriottico e di ingenuità stilistiche, prodotto da John Woo.

Dalla nostra inviata DARIA POMPONIO

Primo grande kolossal del cinema taiwanese, Warriors of the Rainbow: Seediq Bale di Wei Te-Sheng narra le vicende epiche di un nobile eroe, pronto a ogni sacrificio per preservare l’identità della sua etnia. Quando alla fine del XVII secolo la Cina cedette Taiwan al Giappone, le tribù aborigene locali, poco inclini alla sottomissione, si ribellarono all’invasore. A capo dei fieri cacciatori-guerrieri Seediq, il valoroso Mouna Rudo (Lin Ching-Tai) tentò di coalizzarsi con altri clan locali per combattere l’impero del Sol Levante, ma dovette vedersela con le insopprimibili rivalità tra i differenti gruppi etnici, che rischiavano di scatenare una guerra civile. Presentato in concorso a Venezia 68, Warriors of the Rainbow: Seediq Bale è un roboante drammone storico che mira ad esaltare le gloriose radici del popolo taiwanese.

Innumerevoli rallenti con musica tonante di prammatica appesantiscono una messinscena poco attenta a privilegiare sia gli sviluppi narrativi che le coreografie delle scene di guerra. La fotografia, desaturata e pastellata, accentua gli elementi fiabeschi delle vicende, che si incarnano soprattutto in fugaci apparizioni di animali e aerei digitali, il cui status evidente di “falsità” non prelude però ad un discorso consapevole o teorico sull’immagine. Troppo concentrato a dipingere l’affresco corale, il regista Wei Te-Sheng licenzia pochi personaggi a tutto tondo. Soltanto il ruolo di un Seediq (interpretato da Ando Masanobu) che diventa membro delle forze dell’ordine giapponesi e si trova dunque a fare da ponte tra le due avverse culture, possiede una tangibile tensione narrativa. Si tratta però di un ruolo secondario, per il resto, i personaggi subiscono poi una brusca moltiplicazione verso il finale, quando anche i bambini scendono in campo a difendere il loro territorio. Sorprende un po’ che il maestro dell’action John Woo abbia prodotto un film così sbilanciato e tronfio, distante anni luce dalle evoluzioni stilistiche e dall’afflato romanzesco dei suoi film.