La memoria tra Tunisia e Lampedusa

Vincenzo e Mohsen che, in maniera diversa e non capiti dalle loro comunità, rendono omaggio alle vite di chi ha cercato nel nostro mare la via per una vita migliore. La nostra intervista alla regista Irene Dionisio, dalla 23esima edizione di Sguardi Altrove.
Intervista a Irene Dionisio a cura di Giovanna Barreca

sponde02Sponde, nel sicuro sole del nord è il documentario che Irene Dionisio ha presentato, nella sezione diritti umani alla 23esima edizione di Sguardi Altrove a Milano. Il documentario, premio Solinas per la miglior sceneggiatura nel 2012, premio del pubblico 2015 al Festival dei Popoli, verrà proiettato il 26 marzo alla Casa del cinema di Roma. Un film che ha come protagonisti due testimoni della memoria: Vincenzo, becchino in pensione a Lampedusa dove, da volontario, continua a seppellire i corpi dei migranti senza nome, apponendo una croce che tanto irrita la sua comunità e il postino/scultore Mohsen Lidhabi di Zarzis, Tunisia che, nel suo giardino, ha creato il cimitero dei migranti con gli ultimi oggetti posseduti dagli uomini, donne e bambini che hanno tentativo di raggiungere l’altra sponda del Mediterraneo che dalla Tunisia dista solo 60 miglia, vale a dire Lampedusa. Sono loro, con le loro lettere, con un epistolario fitto ad unire le due sponde del Mediterraneo e quegli oggetti ai legittimi possessori: scarpe ripescate tra le alghe della costa, centinaia di migliaia di bottiglie e taniche d’acqua, indumenti vari, resti di pacchetti di sigarette o carte ritrovare nelle giacche che il mare ha restituito. Le immagini del lavoro dei due uomini, le immagini che mostrano le tradizioni (es. la processione di Lampedusa per la festa della Madonna) dei due paesi, le immagini d’archivio dei tanti viaggi della speranza, compongono un film intenso e molto rispettoso delle memorie di quei viaggi “non conclusi”, grazie anche ad uno straordinario lavoro sul suono, presa sonora del reale fatto dei suoni del movimento terrestre. E soprattutto grazie a quell’immagine mancante non necessaria, l’immagine di quei corpi non giunti a Lampedusa ma che simbolicamente sono caduti sul fondo del Mediterraneo come le barche e gli oggetti che la regista riprende nelle immagini subacque del film.
Nella nostra intervista la regista ci spiega molto bene perchè crede che ci siano luoghi che temono la memoria e a livello filmico ci racconta come è nato il lavoro sul suono.

giovanna barreca