Las analfabetas

Lo sguardo dell'autore è puntato sui volti e sui corpi delle attrici, attento a registrarne ogni singolo movimento e turbamento per restituire allo spettatore un coinvolgente percorso di formazione emotiva con sprazzi di bizzarra comicità e di sentimentalismo a vivacizzarne i toni

Ximena è analfabeta ed ha vissuto in un mondo tutto suo per cinquant’anni inventando tutto quello che non è stata capace di leggere per cercare di mantenere segreto questo aspetto della sua vita. Solo la sua vicina di casa lo sa e da anni le fa da lettrice per quotidiani e corrispondenza. Quando l’amica si ammala e finisce in ospedale Ximena viene avvicinata dalla giovane figlia della donna, Jackeline, insegnante di scuola elementare attualmente disoccupata, che pian piano convincerà la donna a prendere lezioni puntando sul suo orgoglio e sulla forza di volontà che entra in gioco quando c’è un obiettivo importante all’orizzonte. Ximena nasconde infatti in casa una specie di tesoro che la spingerà, nonostante il suo carattere chiuso e difficile, a seguire i consigli e gli insegnamenti di quella professoressa che le sembra a volte così antipatica e saccente. Sarà grazie a questa lettera che le due donne entreranno finalmente in contatto scoprendosi a vicenda e in un viaggio alla scoperta dei tanti analfabetismi della vita.

Il film d’esordio alla regia cileno Moisés Sepulveda si ispira ad un testo teatrale di Pablo Paredes (co-sceneggiatore del film) per raccontarci la storia di una donna che negli anni ha costruito nella sua testa un mondo che non esiste, un mondo in cui i simboli non hanno il significato ed in cui le immagini hanno preso il sopravvento sul linguaggio. Le sue giornate sono infatti scandite da tanti piccoli gesti che descrivono alla perfezione questo suo stato d’animo: è trasandata ma con stile, appassionata di puzzle e trasforma qualsiasi oggetto le capiti tra le mani in un contenitore per le sue amate piante, i ‘lacci d’amore’, liane rassicurante cui aggrapparsi quando la vita diventa troppo complicata. In casa di Ximena anche la religione e la politica hanno sviluppato una logica avulsa dalla realtà: c’è una statua di Buddha, una quantità spropositata di crocefissi, un poster di Elvis Presley, articoli di giornale e una radio che porta allegria quando la malinconia fa capolino e la solitudine diventa insostenibile. Dall’altra parte c’è la giovane Jackeline, una ragazza che al contrario di Ximena ha studiato sui libri tutto quello che non ha vissuto e non è riuscita a creare con le sue mani, ma non per questo si sente meno sola e meno frustrata, prigioniera di un mondo e di un sapere convenzionali, schiava di manuali e di dogmi scolastici ormai obsoleti, incapace di comunicare e di costruirsi una vita migliore pur avendo in mano i mezzi per farlo. Le due donne non si conoscono, studiano, si respingono, lottano per non lasciare il punto all’altra ma hanno la consapevolezza che da quest’avventura entrambe impareranno qualcosa, qualcosa che le aiuterà ad uscire finalmente allo scoperto, a conoscere meglio sé stesse, a scavare nei loro sentimenti più profondi e a scoprire che il mondo che le circonda non è così poi indecifrabile come sembra.

Due punti di vista diversi, due modi di vedere il mondo e di entrare in contatto con esso: quello tra Ximena e Jackeline (le due splendide Paulína Garcia, Orso d’Oro a Berlino per Gloria, e Valentina Muhr, anche interpreti della pièce teatrale da cui è tratto il film) è un incontro di boxe sulla scena, un duello tutto giocato sulle parole e sulla loro potenza che non avrà vincitori né vinti ma solo partecipanti più consapevoli. Moisès Sepulveda ci racconta Ximena e al contempo anche il suo Cile in Las Analfabetas, rinunciando a mettersi in mostra per dare spazio alle due attrici che sono il vero punto di forza del film: lo sguardo dell’autore è puntato sui loro volti e sui loro corpi, attento a registrarne ogni singolo movimento e ogni turbamento per restituire allo spettatore un coinvolgente percorso di formazione emotiva con sprazzi di bizzarra comicità e di sentimentalismo a vivacizzarne i toni. L’essenza di Las Analfabetas è tutta racchiusa nelle scene finali, quelle in cui Ximena cammina per le strade della sua città guardandosi attorno con un sorriso appagante ad illuminare il suo viso. D’improvviso è come se i pezzi mancanti del suo puzzle esistenziale trovassero da soli la loro collocazione perché Ximena ora è pronta, come il suo Paese, a sfogliare le pagine del passato per capire meglio come costruire il futuro.

Luciana Morelli per Movieplayer.it Leggi