Geffen racconta una scelta di vita e non di morte

Dopo Meduse, la regista Shira Geffen porta alla Semaine Self Made, la storia di una donna israeliana e di una palestinese e di due vite che si incrociano (e non solo) ad un check point.

Mentre in Un certain regard delude Loin de mon père dell’israeliana Keren Yedaya, alla Semaine de la critique la connazionale Shira Geffen, regista israeliana vincitrice della Camera d’Or con Meduse (amato e distribuito da Nanni Moretti con la Sacher), presenta la sua opera seconda Self Made. Protagoniste della vicenda due donne, due destini che si incontrano con un finale struggente. Una israeliana, artista affermata con una relazione piuttosto instabile, l’altra palestinese, operaia per la Etaca, corrispettivo orientale dalla nostra Ikea. Quando ad un letto da montare manca una vite, i loro destini arriveranno ad una fusione e corrispondenza uniche. Il film mostra come non sia importante il conflitto ma il dissenso, come il parallelismo di due vite possa raccontare il possibile e l’impossibile in un’unica inquadratura lunga un film. Straordinaria l’evoluzione della storia che invece partiva da una vicenda di morte e sofferenza profonda, come raccontato dalla stessa autrice: “Dieci anni fa, ho letto la storia di una donna palestinese di Betlemme mandata a compiere una missione kamikaze, dopo che l’esercito israeliano le aveva ucciso il fidanzato. Quando arrivò sul luogo dell’esplosione, un centro commerciale israeliano, l’aspirante attentatrice vide altre donne intente a far shopping e bambini giocare, decidendo di non portare a termine il suo compito. La sua storia mi ha spinta ad interrogarmi sul come le scelte di morte possano evolversi in scelte di vita influenzando tutto il resto”.

GIOVANNA BARRECA