Kim Ki-duk politico in Venice days

Intervista a Kim ki-duk che torna al Lido dopo il Leone d'oro del 2012 con un'opera low budget dalla forte impronta politica. Attraverso una storia di finzione presenta un'analisi della dittatura del potere, della dittatura della corruzione in Corea come in tante democrazie occidentali.
Intervista a Kim Ki-duk a cura di Giovanna Barreca

Kim Ki-duk – Leone d’oro per Pietà – torna alla Mostra internazionale del cinema di Venezia con la sua opera (per sua stessa ammissione) più politica e meno intenzionata a spiegare aspetti dell’essere umano come individuo. One on one presente all’interno delle Giornate degli autori e definito dal direttore delle sezione Giorgio Gosetti: “Il film manifesto di quest’edizione”, scopre elementi di umanità. “Vuole – come dichiara l’autore – porsi e porre domande allo spettatore su chi è, su quale sia il suo posto e ruolo all’interno della società”. Analisi e critica di una più ampia società e dei fenomeni che la contraddistinguono, puntando l’attenzione soprattutto su dittatura, corruzione e tutto il contorno legato a tali concetti e dolorose realtà.
L’autore, nato in Corea nel 1960 e poi trasferitosi per studiare a Parigi si focalizza su tutto un sistema di potere politico che continua a basarsi sulla violenza della dittatura anche oggi che la Corea puà considerarsi un paese relativamente democratico. Al centro della narrazione 7 uomini che uccidono una studentessa. Poi uno degli assassini viene rapito e cade in uno stato di choc anche psicologico perchè capisce di non essere più invincibile ma un essere umano e come tale pieno di paure. Una volta rilasciato scopre che tutti gli assasini hanno vissuto la sua stessa sorte. Anzi, alcuni sono stai addirittura indotti al suicidio. I sette protagonisti e le persone che cercano di contrastare questi atteggiamenti di sopraffazione sono persone che sembrano delle maschere. Rappresentano delle entità che preferiscono rinunciare che combattere (atteggiamento spesso scelto dall’essere umano). Solo uno deciderò di ribellarsi, di agire.
Un film low-budget con una buona capacità di sintesi della sceneggiatura e una fotografia spesso staniante anche per la decisione dell’autore di girare tutto con piccole telecamere. Non convince totalmente anche se graffia per la crudeltà con la quale rappresenta l’attualità e l’umanità della società contemporanea.

giovanna barreca