Muore Kaneto Shindo

Si è spento ieri il centenario maestro del cinema nipponico, attento umanista e studioso delle dinamiche che intercorrono tra lotta per la sopravvivenza, sessualità e rituali della memoria.

Scompare alla veneranda età di 100 anni il maestro del cinema giapponese Kaneto Shindo. Sceneggiatore, regista e produttore (con la sua società, la Kindai Eiga Kyokai), Shindo è stato un fulgido esempio di autore indipendente nipponico, capace di foraggiare i propri progetti personali con la realizzazione di script più o meno commerciali, compreso il celeberrimo Hachikô monogatari (1987), recentemente oggetto del remake (Hachiko – Il tuo migliore amico, 2009) firmato da Lasse Hallström e interpretato da Richard Gere. Autore dallo stile raffinato, attento umanista e studioso delle dinamiche che intercorrono tra lotta per la sopravvivenza, sessualità e rituali tradizionali, Kaneto Shindo è nato a Hiroshima nel 1912, da una famiglia di agricoltori ed è dunque un hibakusha, ovvero un sopravvissuto alla bomba atomica. Nel corso della sua carriera, Shindo ha firmato più di 150 script, comrpesi quelli per Kōzaburō Yoshimura, Kon Ichikawa e per il maestro Kenji Mizoguchi, di cui è stato anche assistente alla regia e al quale dedicò nel 1975 il documentario: The Life of a Film Director: Record of Kenji Mizoguchi. Grande ammiratore del cinema di Eisenstein e di Orson Welles, autori da cui riprende la plasticità e l’eleganza della messinscena, dopo il lungometraggio d’esordio, Storia di una moglie amata (Aisai monogatari, 1951), Shindo nel 1952 è tra i primi a raccontare le conseguenze dell’esplosione nucleare in Children of Hiroshima (Gembaku no ko), requiem toccante e poetico su una città e, soprattutto, sulla sua umanità, piegati dalla tragedia dell’atomica. La sua pellicola più celebre e amata dalla critica internazionale è probabilmente L’isola nuda (Hadaka no shima, 1960) ritratto, privo di dialoghi e di stampo documentaristico, della vita quotidiana di una famiglia di agricoltori che vive su un’isola e ogni giorno si reca sulla terraferma per procurarsi l’acqua. Tra i suoi capolavori si segnala poi Onibaba (1964), fiaba crudele, feroce atto d’accusa contro i soprusi dei samurai e vero e proprio inno alla sessualità come forza propulsiva e inalienabile della lotta di classe. Sopravvivenza, sessualità e lotta di classe tornano anche nel successivo Kuroneko, mentre la bestialità umana assurge a metafora lancinante in Humans (Ningen, 1962), dove i superstiti di un naufragio si scagliano l’uno contro l’altro in una lotta feroce e antropofaga. Una toccante malinconia pervade invece Tree Without Leaves (Rakuyôju, 1986), che prende spunto da elementi autobiografici (la famiglia rurale che vive nella prefettura di Hiroshima) per raccontare le memorie, impregnate di un amore materno quasi incestuoso, di un anziano alle prese con la stesura del suo primo romanzo. Ancora l’erotismo e la passione per l’arte, in questo caso la scrittura, sono poi al centro di The Strange Story of Oyuki (Bokuto kidan, 1992), dove si indaga il legame, presente anche in Edo Porn, tra sessualità e produttività artistica. Con l’avanzare dell’età il cinema di Shindo si fa più crepuscolare, ma non rinuncia ad uno humour vitale e caustico, come accade in Will to Live (Ikitai, 1999), dove antiche leggende confortano un anziano che si sente vicino alla morte, ma ha ancora la forza di esortare i giovani alla disobbedienza. Con il suo film più recente, firmato alla veneranda età di 98 anni, Postcard (Ichimai no hagaki, 2010), Shindo è tornato invece sul fronte della seconda guerra mondiale, per tracciare il ritratto di una donna che la violenza del conflitto riesce a rendere vedova due volte, ma che non rinuncia ad andare avanti. Il film era tra il candidato all’Oscar da parte del Giappone, ma non è purtroppo entrato nella cinquina.
La filmografia di Kaneto Shindo si sintetizza nel suo complesso come un’indagine sull’individuo, la sua natura, le sue pulsioni basiche positive che si estrinsecano nelle attività quotidiane, sessualità compresa, veri motori di quella “storia” con la “s” minuscola, di cui l’autore è stato il cantore più accorato e sensibile.

Recentemente Kaneto Shindo è stato omaggiato a Roma, presso la Sala Trevi dalla rassegna sul cinema nipponico Nihon Eiga. Storia del cinema giapponese dal 1945 al 1969, mentre lo scorso dicembre, a Los Angeles, è stato oggetto di una personale presentata dall’attore Benicio Del Toro.

DARIA POMPONIO