My friend Johnny

Alle Giornate degli autori il cortometraggio-documentario di Alessandra Cardone, favola e gioco ironico sulla fascinazione creata dall'incontro con una celebrità.
Intervista a Alessandra Cardone, regista di My friend Johnny

Sfruttando il suggestivo spazio della Pagoda si può godere il cinema all’aperto anche in Laguna. Con l’inaugurazione della 69esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, cominciano le attività anche delle Giornate degli Autori (da un paio d’anni concentrate proprio alla Pagoda), con un curioso film d’apertura dedicato a un gioco ironico sulla grande bolla mediatica all’interno della quale vivremo anche noi per 10 giorni, sul mondo delle celebrità e sulle problematicità ad esso legate. My friend Johnny di Alessandra Cardone è un cortometraggio-documentario che nasce dopo l’incontro che l’autrice ha avuto con il ristoratore veneziano Cristiano, scoprendo la potenza e il fascino della trasformazione che questi ha avuto dalla sua amicizia con Johnny Deep, di passaggio per qualche settimana a Venezia per le riprese italiane del film The Tourist. Anche le star mangiano e Deep aveva trovato rifugio nel piccolo locale con i mattoni in rilievo gestito da Cristiano tra le calle di Venezia: il ristorante Rosa Rossa. Una stanzetta riservata, uno chef pronto a soddisfare i suoi desideri culinari e la possibilità a notte fonda di abbassare le serrande del locale, veder calare per qualche ora ogni luce e godersi la compagnia sincera di persone lontane dal suo mondo. Ma quelle persone il suo fascino non l’hanno dimenticato, la sua umanità e simpatia ha cambiato un po’ le loro vite, aggiungendo al piacere dell’incontro, la speranza che quei momenti potessero trasformare per sempre la routine di un lavoro e di una vita soddisfacenti ma comunque lontane dalla fama e dalla celebrità che tanti desiderano e inseguono.

Da quattro anni autrice di cortometraggi (nel 2008 Boxing Paradise di Stefano Quaglia ricevette la menzione speciale ai Nastri D’Argento grazie alla sua sceneggiatura), Alessandra Cardone ha trovato in Cristiano il personaggio perfetto per raccontare una favola – non a caso la trama sonora che fa da sfondo alle immagini di Deep a Venezia, nel ristorante di Cristiano e all’intervista al ristoratore (e famiglia) è quella del film Up di Pete Docter, Bob Peterson) – fatta di dissonanze e contrasti che caratterizzano il protagonista, consapevole che la vita vera è fatta dalla sua bella famiglia e dagli amici ma che allo stesso tempo vive in attesa di una chiamata che possa catapultarlo altrove. E proprio il clima di attesa è quello che Cardone riesce a ricreare al meglio nel documentario, con riflessioni umane, pause importanti nel racconto e momenti divertenti (i veneziani, amici e no, che giocano sull’ipotesi del ritorno della star). Lo stile risente del background dell’autrice che ha lavorato nell’ambiente pubblicitario e che nel film porta la freschezza di un linguaggio fatto di colori primari enfatizzati e fotogrammi che si susseguono velocemente soprattutto nel racconto dello spazio nel quale si muove il protagonista, coinvolgendo lo spettatore nella passione, divenuta sogno, che lo guida.

GIOVANNA BARRECA