#TFF39 – Il muto di Gallura in concorso

Unico film italiano in concorso al Torino film festival, Il muto di Gallura di Matteo Fresi, conquista il pubblico del festival e la critica. Una leggenda dell'Ottocento che lascia emergere elementi molto contemporanei mettendo al centro della narrazione il profondo dolore di un giovane emarginato che cerca il suo posto in un mondo brutale.
Intervista a Matteo Fresi a cura di Giovanna Barreca
Intervista ad Andrea Arcangeli a cura di Giovanna Barreca

Matteo Fresi è un regista di origine gallurese, nato a Torino nel 1982 e, dopo la laurea di  Storia dell’arte moderna, si è diplomato in tecniche della narrazione alla Scuola Holden con la quale collabora dal 2007 come docente (e dove ha conosciuto il produttore Domenico Procacci). Per la sua opera prima, Il muto di Gallura, presentato in concorso alla 39esima edizione del Torino film festival, sceglie una storia che gli appartiene e che conosce fin da bambino. Infatti la leggenda legata al giovane sordomuto sardo chiamato Bastiano Tansu, contenuta nel libro omonimo del 1884 scritto da Enrico Costa, Fresi la conosceva già perché tramandata di generazione in generazione in Sardegna, fino ai giorni d’oggi.  Al centro della storia la rivalità tra la famiglia Vasa e la famiglia Mania. Un mancato matrimonio diede inizio alla faida con l’uccisione di diversi componenti di entrambe le famiglie. Tra i più temuti assassini c’è il giovane Bastiano Tansu (Andrea Arcangeli) che nel film vediamo, nella prima sequenza, ancora bambino quando diverse donne cercano di curare la sua sordità. Una volta adulto, la sua mira spingerà Pietro Vasa ad arruolarlo tra i suoi uomini più fidati. Un’ipotesi di pace e un nuovo amore, potrebbero spingere il giovane, dall’animo nobile a cambiare vita ma …

Il regista ha affermato che l’impianto narrativo moderno e molto contemporaneo lo hanno spinto a portare la storia sul grande schermo anche perché storia e leggenda si fondono e, come precisa anche l’attore protagonista, dietro alla faida avvenuta nell’Ottocento si nasconde la storia di un emarginato che cerca il suo posto in mondo mentalmente chiuso e brutale che non è capace ad accettarlo. “Un giovane che vive in un eterno dolore, anche quando uccide”. L’attore, noto al grande pubblico grazie alla serie Romulus di Matteo Rovere, Michele Alhaique ed Enrico Maria Artale, ha raccontato di essersi preparato al ruolo incontrando i ragazzi dell’Istituto per sordi di Roma, cercando con loro di immaginare come il giovane provasse a comunicare senza conoscere il linguaggio dei segni.

Durante le nostre interviste abbiamo approfondito tutti gli aspetti tecnici e stilistici dell’opera presentata in concorso al Torino film festival come unico film italiano.

giovanna barreca