A Family, En Familie

22/02/10 - Melodramma familiare scarno e realistico prodotto dalla Zentropa di Von Trier, “A Family”...

La morte al lavoro, portata a Berlino da Pernille Fisher Christensen

(Dalla nostra inviata Daria Pomponio)

a family22/02/10 – Melodramma familiare scarno e realistico prodotto dalla Zentropa di Von Trier, “A Family” di Pernille Fisher Christensen ha scosso la Berlinale 60 con un sentito e accorato compendio di gioie e dolori (soprattutto questi ultimi) caratteristici degli affetti domestici. La famiglia dei Rheinwald, pasticceri da tre generazioni, è turbata dalla notizia della letale malattia che sta consumando il patriarca Rikard (Jesper Christensen). In particolare questo mesto evento è destinato a stravolgere le ambizioni e i progetti lavorativi della figlia primogenita di Rikard, Ditte (Lene Maria Christensen), che ha appena deciso di interrompere una gravidanza per trasferirsi a New York e lavorare per una prestigiosa galleria d’arte. Il senso di colpa per la rinuncia ad una maternità desiderata e quello di responsabilità nei confronti del padre morente, scuoteranno un’esistenza che pareva orientata ad un futuro da globe trotter spianato, con l’ambizione e il coraggio di cambiare. Ma di fronte alle proprie radici, riposte soprattutto nella carne tesa e agonizzante del genitore, Ditte dovrà risolversi a intraprendere scelte difficili che forse andranno contro la sua stessa natura, forse le riveleranno quale realmente è la sua strada.

“A Family”, tra gli ultimi film presentati in concorso a Berlino, parte dunque come un dramma corale, presentandoci dapprima la storia, riassunta in filmati d’epoca, della famiglia Rheinwald, in seguito i vari componenti del clan familiare, per arrivare poi attraverso un graduale sfrondamento di tracce narrative e personaggi a concentrarsi dapprima su Ditte e Rikard, infine sul solo Rikard e la sua atroce morte. Durissimo e improntato a una verosimiglianza che si direbbe quasi “oscena” (secondo il celebre teorico del cinema André Bazin due cose non sono rappresentabili al cinema: la morte e l’atto sessuale), il finale del film ci riporta le varie tappe dell’agonia del patriarca, scuotendo i nervi e le corde dei sentimenti più intimi e profondi dell’inerme spettatore. Il grande attore danese Jesper Christensen, che i più ricorderanno nelle vesti del temibile Mr. White di “Quantum of Solace” e “Casino Royale” o per il film di Per Fly “L’eredità”, offre una delle migliori interpretazioni viste alla Berlinale 60. Facendo propria la celebre frase di Jean Cocteau “Il cinema è la morte al lavoro sugli attori”, Pernille Fisher Christensen confeziona un’epopea familiare asciutta e distante dai toni ricattatori del melò larmoyante, ma che arriva dritta allo stomaco e colpisce duro.