Arrivano i nostri

26/03/09 - “La matassa” continua a dominare il box office, mentre il discreto “Diverso da chi?” conquista...

Arrivano i nostri

(Rubrica a cura di Alessandro Aniballi)

arrivano-i-nostri-interno.jpg26/03/09 – “La matassa” continua a dominare il box office, mentre il discreto “Diverso da chi?” conquista un onorevole terzo posto. Non altrettanto si può dire dei più recenti film “d`autore” usciti in queste settimane e già  relegati sullo sfondo. Stiamo parlando di “Giulia non esce la sera” di Giuseppe Piccioni, di <strong>“Due partite” di Enzo Monteleone (tratto da un testo teatrale di Cristina Comencini) e de “L`ultimo Pulcinella” di Maurizio Scaparro. Per motivi diversi tutt`e tre le pellicole hanno faticato a trovare un pubblico e, di certo, non sono riusciti a centrare un’agevole collocazione affabulatoria.

Scegliendo come protagonista il tutt`altro che inedito ruolo di uno scrittore in crisi e/o depresso e/o afasico, “Giulia non esce la sera” si perde nelle fantasticherie del suo romanziere e rischia seriamente di rimanerne prigioniero. Mettendo in scena la distanza siderale tra il mondo fictionalizzato dello scrittore e quello drammaticamente reale di una carcerata in libera uscita solo con la luce del sole, il film di Piccioni finisce in qualche modo per farsi paradigma di quasi tutto il nostro cinema contemporaneo incapace di leggere il reale e perso in fantasticherie di finti conflitti e di set posticci (si veda l`ennessimo fastidioso superficiale interno borghese). Piccioni però pare indugiare troppo sulla figura del suo protagonista, anzi ci sembra che sia, nei suoi confronti, sin troppo indulgente. Tanto che il Mastrandrea visto all’opera in “Giulia non esce la sera” potrebbe benissimo essere identificato come uno dei “centoautori”. D`altro canto, manca per l`appunto quella passione per il “reale” che, nel personaggio di Giulia, se tratteggiato con più convinzione e con maggior veracità , avrebbe permesso di operare quel puntello necessario al funzionamento del discorso.

due-partite1“Due partite” di Monteleone merita molta meno attenzione, poichè la sua impasse è evidente: il testo teatrale originario è rimasto tale e quale nella trasposizione filmica, con tutto il deprecabile accessorio di recitazione sopra le righe, di dialoghi affettati e di situazioni faticosamente pilotate. In più, da regista Monteleone non ha avuto neppure la cura di sviluppare una messinscena personale; il film infatti procede tra primissimi piani, mezze figure a due e campi e controcampi, con l`assenza assoluta di un`idea qualsiasi, di un punto di vista. Eppure “Due partite” va a ogni modo considerato un film d`autore, visto che si vuole ragionare, con non si sa bene quale consapevolezza sociologica, sul fatto che le donne negli anni Sessanta erano troppo dipendenti dagli uomini, mentre negli anni Novanta sono diventate, al contrario, troppo indipendenti (ma quando mai!).

Per finire, “L`ultimo Pulcinella” di Scaparro si avvale di un al solito straordinario Massimo Ranieri, ma lascia con qualche interrogativo sulle sue reali intenzioni. Se è vero che emerge chiaramente un lamento funebre e nostalgico nei confronti del teatro (e in particolare nei confronti della commedia dell`arte), è altrettanto vero che ciò viene mescolato confusamente con delle metafore politiche, laddove il nostro Pulcinella arriva addirittura lultimo-pulcinella-locandinaa esibirsi in una banlieue parigina (con un davvero limitato livello di credibilità , non aiutato da personaggi che definire macchiettistici o ingenuamente poetici è poco; si veda in tal senso il bambino che dà  un`informazione a Massimo Ranieri e subito sembra affezionarsi a lui quasi come a un padre). Calandoci nel mondo delle banlieue, Scaparro forse confonde il `68 (cui probabilmente si riferiva il soggetto inedito di Rossellini che è fonte d`ispirazione per il film), con quella rivolta subito rintuzzata dalle forze di polizia. Quarant`anni fa sembrava che le proteste degli studenti volessero spazzare via tutte le fondamenta dell`Autorità , e il teatro tradizionale era indubbiamente tra queste. Perchè il `68 era anche, se non soprattutto, teatralità , anche se sotto una nuova forma. Scaparro invece non sembra considerare la radicale alterità  della rivolta nelle banlieue, il cui unico e definitivo obiettivo era l`annullamento, il nichilismo. Scaparro perciò fa incontrare due mondi non assimilabili tra loro, neppure comunicanti, con l`aggravante che entrambi sono del tutto minoritari, “irreali”, se non scomparsi: il teatro e la rivolta, per l`appunto.

Come per gli altri due film, si tratta insomma di una nuova occasione persa per far scontrare il cinema e il reale.

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