Hanezu No Tsuki

19/05/11 - Naomi Kawase porta in concorso la natura colta in un excursus tra passato e presente diventato ancora più attuale dopo la tragedia giapponese.

Dalla nostra inviata Giovanna Barreca

Ascolta la conferenza stampa al Festival di Cannes del film:

  • Hanezu No Tsuki
  • In questi giorni tutti a Cannes portiamo una spillina con il sole rosso – parte della bandiera giapponese – che piange per testimoniare la vicinanza anche del festival alla tragedia che ha colpito il suolo asiatico ma l’animo di tutti noi. Con l’acquisto dell’oggetto si contribuisce alla ricostruizione e ieri sera, Naomi Kawase, in concorso con il suo nuovo film ha ringraziato il festival e tutto il mondo che ha dimostrato tanto affetto per il suo Paese. Da quando la premiò con la Camerà d’or nel 1997 per il suo primo film, Moe no suzaku, il festival (Gilles Jacob in primis) non ha mai smesso di seguire con attenzione il percorso dell’autrice nipponica che utilizza gli elementi naturali per parlare dell’intimità che vive nel cuore degli esseri umani. “Coesistiamo con la natura e questo insegnamento credo che sia il più importante da trasmettere alle nuove generazioni” – afferma la regista, emozionata, in conferenza stampa.

    L’abbiamo conosciuta come ottima autrice di documentari e solo pochi mesi fa al Festival dei popoli di Firenze abbiamo ammirato Genpin dove un anziano dottore insegna tecniche di parto naturale a giovani puerpere. La curiosità che guidava la sua telecamera in quei mesi, la ricerca di origini che devono nuovamente diventare materia condivisa, l’affascinazione per i processi naturali hanno fortemente influenzato Hanezu No Tsuki, dove la leggenda del monte Miminashi in lotta col monte Kagu per l’amore di Unebi, guidano una storia che vuole mantenere il suo valore universale attraverso gli occhi e la vicenda di due giovani: Kayoko e Takumi. Takumi sa relazionarsi con la natura che lo circonda, è quasi capace di fondersi con essa mentra Kayoka si allontana sempre di più da tutto quello che è vita fino a rifiutare e ‘liberarsi’ del figlio che ha in grembo. Un film colto, spirituale che mantiene un buon ritmo di narrazione guidando lo spettatore nella visione della madre natura dell’autrice che squarcia le tenebre dell’anima con l’apparire della luce nei verdi, nei rossi accesi del bosco. Con l’acqua simbolo di liberazione.

    Nota di cronaca: il film uscirà tra pochi mesi in Giappone ma sembra che anche i francesi lo vedranno presto nelle loro sale.