L’erede

05/07/11 - L'opera prima di Michael Zampino è un horror-thriller insolito e coinvolgente, ambientato sull'Appennino marchigiano, mai così inquietante.

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L’estate è forse il momento dell’annata cinematografica nostrana in cui si aprono più spiragli per il cinema indipendente. Mentre infatti oltreoceano si celebra l’exploit al box office dei grandi blockbuster, ecco che da noi il mercato allenta le sue strette maglie e si apre la stagione dei saldi o, come in questo caso, della “caccia” alle piccole-grandi sorprese. Opera prima dell’italo-francese Michael Zampino, L’erede è un thriller psicologico che mescola elementi tipici della tragedia (colpe dei padri che ricadono sulla prole, complessi edipici irrisolti, agnizioni, incesti) a venature orrorifiche alimentate da una location inquietante: un villino primo novecento, topos classico dell’horror nostrano.

Tutto ruota qui intorno ad una scomoda eredità paterna, la magione di cui sopra, che finisce nelle mani del giovane ed ingenuo radiologo Bruno (Alessandro Roja, noto ai più come il Dandy di Romanzo Criminale – la serie). L’unica colpa del nostro protagonista è quella di aver avuto un padre a dir poco farfallone, ma Bruno del genitore ignora persino questo dettaglio, che sta per causargli tanti guai. Arrivato nella villa con la ferma intenzione di venderla e liberarsene quanto prima, Bruno dovrà scontrarsi con dei vicini di casa assai poco ospitali, fermamente intenzionati a mettere le mani sulla sua proprietà. Rappresentante di un universo agreste ancestrale e decadente, la famiglia indigena, a base matriacale, è governata da Paola (l’eccezionale Guia Jelo), madre dal piglio volitivo e dai mille sorrisi di convenienza, pronti però a trasformarsi in ghigni satanici forieri di antichi risentimenti. A spalleggiare la donna sono il mastodontico figliolo Giovanni (Davide Lorino), forza bruta inversamente proporzionale al sale in zucca e l’adolescente Angela (Tresy Taddei Takimiri) assetata di affetto e di figure paterne.

Il plot, va detto, esaurisce presto le sue cartucce, rivelando precocemente i centri nevralgici della propria tensione, ma a galvanizzare il tutto ci pensano una regia attenta e capace di immortalare al meglio le splendide location e le convincenti interpretazioni del cast. Ottimo Roja, il cui personaggio, mite e ambiguo al punto giusto, è per lo spettatore il veicolo perfetto per questa graduale discesa negli inferi. Emulo del ruolo incarnato da Dustin Hoffman in Cane di paglia di Peckinpah, Bruno è il classico “soggetto aggressivo-passivo”, che cova la sua rabbia e la sua forza d’animo sotto un’apparente pacifismo piccolo-borghese (assai appropriata, in tal senso, la professione di radiologo, ovvero di colui che sa leggere cosa giace sotto l’epidermide). Vera e propria mattatrice della scena è poi l’attrice siciliana Guia Jelo, interprete di ascendenza teatrale ancora poco sfruttata dal cinema nostrano, almeno fino ad oggi. Girato con piglio sicuro e supportato da un’intelligente e mai invadente utilizzo della steadycam, L’erede si segnala come uno degli esordi più interessanti di questa stagione, che credevamo fosse agli sgoccioli, ma ha ancora in serbo qualche sorpresa.

DARIA POMPONIO

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