One Day

25/10/11 - Lone Scherfig, autrice di An education, torna alla regia con la storia d’amore tra Emma e Dex, interpretati da Anne Hathaway e Jim Sturgess.

15 luglio 1988, festa di San Swithin. Giorno successivo alla festa di laurea di Emma e Dex e giorno fondamentale per la loro storia d’amicizia e poi d’amore. Dopo An Education, candidato all’Oscar come miglior film, Lone Scherfig torna sul tema dell’incontro tra due giovani. Qui le due esistenze ci vengono raccontate nell’arco di vent’anni tenendo come punto di riferimento il 15 luglio di ogni anno. Si incontreranno altre volte ma il 15 luglio serve allo scrittore David Nicholls (nel 2009 pubblica Un giorno, best seller da 400.000 copie e nel 2011 crea la sceneggiatura) per raccontare al pubblico il grado di evoluzione dei personaggi. Ovviamente è stato un po’ ingenuo da parte della produzione pensare che sarebbe stato facile riuscire a creare una trasposizione che potesse giocare con la stessa formula del romanzo senza fallire, senza tradire una palese insofferenza, soprattutto formale. Partiamo dai primi incontri tra Emma e Dex (il primo ci verrà svelato per intero solo nel finale). Si poteva giocare sul registro dell’ironia con ambientazioni calde, stile Un bacio romantico di Wong Kar Wai tanto per intenderci. Qui, forse per un minor coinvolgimento emotivo degli attori protagonisti (Anne Hathaway e Jim Sturgess mai davvero credibili) i primi anni passano sullo schermo come fotografie di istanti che, come ha dichiarato lo stesso scrittore: “Dovevano servire come pezzi di un puzzle iniziale per poi puntare tutto su un paio di momenti molto intensi di convivenza tra i due”. In realtà sono passaggi che ci raccontano due personaggi non in grado di evolversi realmente nel passaggio all’età adulta. In loro non c’è un’evoluzione emotiva evidente, un’elaborazione di un percorso. Rimane tutto in superficie. Emma sembra parassitare e aspettare per anni e anni che Dex si decida, che cambi il suo atteggiamento. Il lavoro interiore per capire come uscire da una condizione esistenziale precaria non ci viene mostrato. All’improvviso smette di fare la cameriera e diventa scrittrice, dopo aver accantonato le ambizioni come poetessa. Per Dex il mondo dello spettacolo, che poveva aiutarlo a prolungare il suo periodo di gioco e spensieratezza, si trasformerà in una gabbia dove la droga e l’alcol avranno la meglio prima dell’arrivo di un angelo biondo. A One day manca realismo perché i personaggi sono raccontati senza la volontà di mostrarne l’ autenticità. Solo nella parte finale Dex diventa un uomo che finalmente si mette in discussione per dare un senso alla propria esistenza.

E poi l’ambientazione. Londra, le coste della Bretagna ma soprattutto 3 momenti della storia che vedono i protagonisti a Parigi ci raccontano la città delle cartoline, quella lussuosa, elegante e poi bohèmiene con le case alla moda su strutture fatiscenti. Manca il racconto delle strade parigine e londinesi del romanzo, manca la macchina da presa che permette alla storia di avere un respiro diverso: staccarsi dai primi piani e campi medi dei personaggi pedinati in maniera ossessiva e raccontarci anche il contesto dove le loro personalità avrebbero dovuto subire un’evoluzione. Anche l’arco narrativo nel romanzo è scandito dai cambiamenti sociali e di costume che maggiormente hanno trasformato le nostre esistenze (vent’anni davvero effervescenti sotto diversi punti di vista). Qui a parte il look degli attori e un accenno al telefonino, il passaggio da una macchina da scrivere ad un mac e qualche canzone, non si ha traccia di nulla. Non ci sono neppure oggetti che ci abbiano aiutato a definire i caratteri dei personaggi. Nulla. Forse il meraglioso prato di spighe dorate del primo vero appuntamento tra Dex ed Ellie e dell’ultima scena con Dex sarebbe potuto tornar utile come corollario per amalgamare meglio la storia, per utilizzare in maniera più interessante il piano spaziale e quello temporale della narrazione. O forse sarebbe bastato non pensare che tutti i romanzi possono essere trasposti per il grande schermo.

GIOVANNA BARRECA

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