Blood

A metà tra thriller psicologico e melodramma familiare, l'opera seconda del britannico Murphy – pur senza troppa originalità – convince grazie a un impianto solido e avvincente e all'ottima prova degli interpreti.

Una cittadina nel nord dell’Inghilterra è sconvolta dal brutale assassinio di un’adolescente. I sospetti ricadono immediatamente su Jason Buliegh, uno psicopatico con precedenti, che però insiste nel dichiararsi innocente. A condurre le indagini è Joe Fairburn, stimato ispettore e padre di una ragazza coetanea della vittima, ancora afflitto dai sensi di colpa per un analogo caso, irrisolto, verificatosi tempo prima, che di fronte al rilascio per mancanza di prove dell’indiziato non riesce a darsi pace. Individuato in Buliegh un capro espiatorio da condannare ad ogni costo, Joe si accanisce contro l’uomo uccidendolo in un raptus e occultando le prove con la complicità del fratello, anch’egli poliziotto, Chrissie. Ma presto il loro collega Robert inizia a intuire qualcosa, e man mano che la verità comincia a farsi strada, per i Fairburn è l’inizio di un incubo, che li porta a fare i conti con l’istituzione rappresentata, ma soprattutto con le loro coscienze. Prodotto a Sam Mendes e ispirato alla miniserie per la BBC Conviction, Blood è il secondo lungometraggio di Nick Murphy, già autore di numerosi lavori per il piccolo schermo e dell’intrigante horror 1921 – Il mistero di Rookford del 2011, che conferma la propria dimestichezza col filone mystery in un solido prodotto a metà tra thriller psicologico e melodramma familiare sulla scia del primo James Gray e dell’Eastwood di Mystic River. Non tra gli esempi più fulgidi e originali del genere, il film sconta i limiti dell’origine televisiva in una regia spesso tesa alla semplificazione della vicenda, i cui echi dostoevskiani si disperdono in un apologo morale a tratti prolisso e didascalico.

Ciò che permette a Blood di elevarsi, tuttavia, dalla media di pellicole similari è la perfetta padronanza da parte di Murphy dei generi di riferimento e dei loro linguaggi, affinata in una cura per il dettaglio dalla quale scaturisce un assetto filmico equilibrato e omogeneo, in grado di coinvolgere tanto sul versante investigativo della crime-story, quanto in quello più introspettivo legato alla parabola dei protagonisti. Vi contribuisce, in tal senso, in primis l’approccio umanista – volto a restituire la sgradevolezza ma al tempo stesso indulgente verso le debolezze – di personaggi finemente cesellati e affidati alle eccellenti interpretazioni di alcuni tra i maggiori talenti britannici del momento: dal protagonista Paul Bettany, sul cui cipiglio biondo si riversano le insicurezze e il progressivo sgretolamento dell’impulsivo Joe, a Stephen Graham che rilegge con Chrissie la figura dell’antieroe working-class; dall’elegante Mark Strong/Robert, controparte razionale dei Fairburn fino al veterano Brian Cox, burbero e insieme tenero padre dei protagonisti – ex poliziotto per anni a capo del Dipartimento – ormai affetto da Alzheimer, aperto a sprazzi di saggezza ma anche incontrollabile gaffeur. E a completare il tutto provvedono, inoltre, l’ambientazione inedita – il tratto costiero della penisola di Wirral, ai confini col Galles – il cui desolato squallore si riflette nella fotografia giocata su toni lividi e cupi che ben restituiscono l’atmosfera del luogo, e il ricco retroterra tematico: il confine tra giustizia pubblica e privata, l’abuso di potere e quel clima da caccia alle streghe, caratteristico di una provincia che tende a scaricare le proprie frustrazioni sul soggetto più debole, ma anche l’insistenza sui valori di lealtà e senso dell’onore sui quali si alimenta, per contrasto, la progressiva discesa negli inferi dell’annichilimento e nell’abiezione di Joe. Niente di originale, si è detto, ma è proprio nel trattamento del materiale di partenza, intrecciato in una fitta e tesissima rete , intrisa di forte carica emotiva, che si può riconoscere in Blood un’opera solida e avvincente, e in Murphy un tocco promettente che ci si augura possa perfezionarsi in futuro.

CATERINA GANGEMI