Arrivano i nostri

22/01/09 - Da venerdì scorso è in sala un horror italiano, evento quanto mai raro da parecchi anni a questa...

Arrivano i nostri

(Rubrica a cura di Alessandro Aniballi)

arrivano-i-nostri-interno.jpg22/01/09 – Da venerdì scorso è in sala un horror italiano, evento quanto mai raro da parecchi anni a questa parte. In realtà  Imago mortis è figlio di una co-produzione italiana (Pixstar), spagnola (Telecinco) e irlandese (Industrial Illusions Distribution Ltd), ma non solo…il film è distribuito addirittura dalla Medusa ed è stato sostenuto dalla Torino Film Commission (che, come al solito, ci ha visto giusto), il che ha fatto sì che Imago mortis fosse girato in Piemonte. Tutto ciò conduce a qualche considerazione: inclusi gli ultimi “deragliamenti” argentiani, l`unico horror italiano davvero degno è stato Il nascondiglio di Pupi Avati che, non sostenuto dal battage pubblicitario, purtroppo ha avuto un riscontro minimo in sala (convincendo – ahinoi – forse definitivamente, il buon Pupi ad abbandonare il cinema di genere); Imago mortis invece è stato ben pubblicizzato e infatti è riuscito a entrare nei primi dieci al box-office settimanale (ottavo, secondo i dati Cinetel), un risultato non disprezzabile. Certo, poteva andare meglio, eppure a noi sembra un segnale estremamente positivo: forse, a partire da Imago mortis, il pubblico e i produttori e i distributori italiani potrebbero tornare a puntare su questo genere che, un tempo, era da noi quanto mai florido, dai Bava ai Fulci agli Argento… Detto ciò, è il caso di parlare del film che, purtroppo, presenta non pochi difetti: intanto in certo qual modo si traveste da horror spagnolo (almeno stando al trailer e stando anche a certe suggestioni), cercando dunque di attirare quel pubblico che ha apprezzato The Orphanage, Rec e compagnia; poi si indebita fortemente con il nostro horror gotico degli anni Sessanta e Settanta non cercandone degli effettivi aggiornamenti e, infine, pecca decisamente sia nella scrittura che nel coraggio. La sceneggiatura soffre indubitalmente di una costruzione ellittica che tende a rimandare sempre più i momenti cruciali, affastellando al contrario una (troppo) lunga sequenza di scene brevi e poco significative.

Ma ciò che manca con ancor più evidenza è proprio il coraggio di affondare nell`orrore. Il film di Stefano Bessoni è così tanto debitore di quel cinema tramontato ormai quarant`anni fa, da risultare un prodotto obsoleto e superato, come se insomma il titolo cardine dell`orrorifico cinematografico moderno e cioè La notte dei morti viventi di Romero non sia mai esistito. Se pensiamo invece a un “presunto” modello quale The Orphanage, va segnalato che lì il film funziona soprattutto nella descrizione profondissima di un doloroso rapporto madre-figlio, mentre al contrario qui non vi è alcun evidente interesse a caratterizzare psicologicamente i personaggi (lo stesso protagonista non è altro che l`espediente narrativo utile a dipanare il racconto e il suo unico elemento caratterizzante sta nell`aver appena perso la famiglia, e lì finisce).Però, nonostante tutto, non possiamo non essere contenti e persino euforici di fronte al fatto che Imago mortis esiste, che può essere visto in sala e che può fungere, magari, da apripista per una nuova stagione del cinema di genere in Italia.