Gli abbracci spezzati

13/11/09 - Per uno che ama il cinema in maniera così totale e spassionata come Almodòvar, la...

Tutto sul cinema. Di Almodòvar.

13/11/09 – Per uno che ama il cinema in maniera così totale e spassionata come Almodòvar, la figura del regista sembra quasi un archetipo per i personaggi delle sue pellicole, gente per i quali il racconto conta meno della costruzione fisica di un film. E così, il grande Pedro decide di mettere in scena il rapporto conflittuale di ogni cineasta con la propria materia di lavoro e quindi con la propria vita, raccontando le vicende di un regista divenuto cieco. E realizza di nuovo un film degno di essere ricordato.

gli abbracci spezzatiMateo è un regista, o meglio lo era prima di perdere la vista, cambiare nome in Harry Caine e dedicarsi a scrivere sceneggiature di serie B. La curiosità e la reticenza di chi gli sta intorno porta Diego, figlio dell’agente di Mateo, a cercare qualcosa di più sul passato del regista, ma sarà lo stesso Mateo a svelargli la tragica verità. Melodramma di stampo esplicitamente classico che, nella sceneggiatura dello stesso Almodòvar diventa una moderna commedia noir, romantica e ironica, in cui il dramma sentimentale diventa pura confessione meta-filmica. Infatti la pellicola racconta principalmente il rapporto tra un regista (evidentemente IL regista di questo film) e il suo lavoro, come le traversie della vita e del destino possano influenzare il proprio lavoro, ma anche dare nuovi stimoli creativi e come, nel cinema contemporaneo più che mai, il racconto di storie per immagini sia la risposta a un bisogno di catarsi interiore. Proprio per questo Almodòvar riflette sui cambiamenti del cinema e dei suoi mezzi, dove la videocamera è un’arma che svela la cruda verità mentre la cinepresa può creare realtà più profonde, l’industria chiede sceneggiature come fossero scatole in un distributore (la sequenza della storia sui vampiri) e i produttori usano il lavoro altrui per ripicche e vendette. In questo Almodòvar è chiaro fin dall’incipit per arrivare a una messinscena degna dei classici anni ’50 (la scena del doppiaggio in diretta) e a una struttura doppia, nella narrazione ma anche nello sfasamento temporale, che classicamente approda infine a un solo nucleo.

La sceneggiatura, per potervi meglio riflettere, si fa trasparente, sceglie di prosciugare i personaggi e “macchiare” l’intreccio di continue presenze riflessive, permettendo così alla regia di giocare con le ottiche, i dettagli (i piedi di Lena ed Ernesto nella scena clou), gli ambienti (il deserto di sabbia nera) proprio come i Sirk o i Mannelli negli anni d’oro del mélo. Qualcuno ha accusato il film di poco cuore, di un’eccessiva geometricità stilistica a scapito dell’intensità del racconto: ma come potrebbe scaturire un racconto passionale e “trascinante” se il motore e il narratore del racconto è un regista cieco, sfruttato, frustrato, depresso? E poi, c’è una Penélope Cruz in gran forma e una sincerità forse spiazzante nel rifare a vent’anni di distanza – e con una nuova consapevolezza – “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”, uno dei film più famosi del regista. Che continua a incantare gli occhi e cullare il cuore, seguendo solo le oscillazioni della propria sensibilità.

(EMANUELE RAUCO)

Titolo originale: Los Abrazos Rotos
Produzione: Spagna 2009
Regia: Pedro Almodóvar
Cast: Penelope Cruz, Lluís Homar, Blanca Portillo, José Luis Gómez, Rubén Ochandiano
Durata: 129′
Genere: drammatico
Distribuzione: Warner Bros Italia
Data di uscita: 13 novembre 2009

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