Breaking Dawn parte I

16/11/11 - La prima parte finale della saga di Twilight non riesce a scuotersi dal torpore: eppure Bill Condon ne fa il miglior film della serie.

Potremmo dire che siamo finalmente giunti al gran finale, ma come per Harry Potter la conclusione della saga Twilight sarà divisa in due parti, una in uscita oggi l’altra probabilmente fra un anno esatto: e così Breaking Dawn parte I si trova a dover fronteggiare il suo essere tronco e la sua mancanza d’avventura tutta presumibilmente concentrata nel film successivo. Eppure, grazie al regista Bill Condon, qualcosa s’è mosso. Il film è tutto centrato sulle nozze di Edward e Bella, sulla prima notte tanto attesa e la successiva, inaspettata, gravidanza. Che però rischia di mettere a rischio la vita di Bella, tanto che i licantropi si mettono sul piede di guerra, convinti che i vampiri abbiano rotto il patto di non aggredire gli umani. Un plot piuttosto scarno che inevitabilmente influenza la sceneggiatura di Melissa Rosenberg tratta dal romanzo di Stephenie Meyer costretta a girare intorno al niente per 3/4 del film, accontentando più le numerose fan che vogliono assistere alla valanga di effusioni, che lo spettatore comune.

Il film – e il romanzo – sonda così quelli che secondo l’ideologia meyeriana sono i momenti principali in una storia d’amore, ossia il matrimonio e la gravidanza, visti come tappe principali di un percorso fatto di dolore e sofferenza ma che nasconde all’interno una gioia profonda come ricompensa finale, con il desiderio sessuale (femminile) punito, come si conviene: ovviamente, in tutto questo si erge la mano mormona della scrittrice, che influenza la narrazione portandola a chiudersi in un mondo bigotto che lascia perplessi. Il vero limite però del film è nella realizzazione, che nemmeno ci prova ad andare oltre il monumento a uso e consumo delle appassionate: come un vampiro in via di trasformazione, il film è morto per più di un’ora, con un ritmo narrativo dilatatissimo e nulla che susciti un minimo di curiosità, e comincia a dare qualche segno di risveglio sul finale con una scena di parto che ricorda un Cronenberg per ragazzi e qualche spunto interessante. E a Bill Condon, il più bravo dei registi della serie, bastano questi 20 minuti per farne il film migliore della serie, quello che prova a smarcarsi un po’ dallo schema di romanzetto sentimentale per ragazze dark (o emo), quello che ha qualche freccia al suo arco grazie alla messinscena. Lontana comunque dall’essere un bel film, o almeno un’opera riuscita, la prima parte di Breaking Dawn sa giocare con le attese dello spettatore e apre qualche scenario curioso, sia a livello di temi che di racconto, e tanto vale accontentarsi: anche perché la base romanzesca non può dare molto di più e gli attori non migliorano. Non ci riescono né il viso contrito di Robert Pattinson né quello spaventato di Kristen Stewart inchiodati, come i loro personaggi, per l’eternità.

EMANUELE RAUCO

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